Quando entro nel reparto
di oncologia dimentico di essere un'infermiera.
Poi l'occhio della
strumentista maniacale mi cade inevitabilmente sul carrello della
terapia, sugli aghi cannula colorati, sulle pompe infusionali che
suonano ogni due minuti, sul laccio emostatico che comprime il
braccio, sulla vena prescelta. Mi piace osservare i dettagli, la
disposizione dei disinfettanti, il colore dei farmaci nei deflussori,
le etichette ordinate appiccicate alle sacche d'infusione, le
espressioni sul viso di chi come me ha scelto una professione così
difficile e logorante ma anche così totalizzante e intensa.
L'oncologia è il reparto
più bello che io abbia mai visto.
Mai e poi mai... e poi
mai... l'avrei potuto pensare.
Proprio là dove la gente
lotta contro i mostri più grandi trovi sempre un sorriso. Gli
infermieri hanno fretta, hanno miliardi di cose da fare, campanelli
che suonano, consulenze, visite ed esami da archiviare, vengono
chiamati e interrotti ogni tre secondi, ma quando si avvicinano al
tuo letto, alla tua poltrona il tempo si blocca. Non se ne vanno
senza averti spiegato, chiarito ogni dubbio. Se c'è bisogno si
fermano, si siedono accanto a te e ascoltano.
In anni di sala operatoria
ho dimenticato come si fa ad ascoltare.
Sento i suoni, avverto i
comandi, ma quante poche volte mi sono fermata ad ascoltare una
storia, a capirne il vissuto e quando l'ho fatto ho avuto si e no al
massimo dieci minuti a disposizione.
C'è un continuo via vai
di visi pallidi e passi lenti, teste scalze e facce di luna. Mi
mimetizzo o forse no. Non so. Io non esco senza trucco. Ho imparato a
valorizzare tutto. Il tempo, le giornate, il mio viso, il mio corpo.
Tutto ciò che di bello mi rimane...
Saluto Giulia in entrata,
lei ricambia sempre. Attraverso quel corridoio di quadri colorati, mi
stendo sul mio letto e lascio che le flebo asfaltino il mio corpo.
Assecondo. Dormo, mi
risveglio, leggo, chatto, rido. Il tutto dura circa quattro ore.
Fuori dalla finestra
brilla il sole, in lontananza le montagne. C'è tutta una vita là
fuori ma ce n'è altrettanta qui dentro, intrappolata in corpi che
non hanno scelto di essere qui.
Ci vediamo fra 21 giorni,
all'inizio sarà così. Quattro infusioni ogni 21 giorni e poi dodici
infusioni, una a settimana.
Sarà lunga, lunghissima.
Imparerò a memoria la
trama del tessuto della sedia a fianco al mio letto, l'azzurro
pastello del copriletto, il passo leggero dell'infermiera, la risata
in lontananza del medico, gli occhi socchiusi, gli sguardi spaventati
ma mai arresi dei miei compagni di sventura.
In oncologia non sono
Claudia l'infermiera.
In oncologia sono solo
Claudia e loro sono i miei nuovi chemioamici.
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