mercoledì 28 giugno 2017

I miei amici



Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso. (Anne Herbert)
Chiedete per favore, bussate prima di entrare, ringraziate, sorridete. Fermatevi sulle strisce, fate un cenno quando vi lasciano passare, non pestate i piedi. Giocate con i bambini, dedicate del tempo agli altri, sporcatevi le mani. Cucinate una torta solo per far felici i vostri figli e regalatene un quarto, piantate dei fiori in giardino, coccolate i vostri animali. Sorprendetevi a giocare, portate rispetto. Puntate sempre al meglio per voi e per gli altri... senza spingere, rispettate le file, non arrabbiatevi troppo. Imparate a perdonare.
Fate del vostro meglio, a casa, al lavoro. Imparate l'arte dell'attesa, coltivate un sogno. Gioite del bello, lasciatevi stupire.
Disegnate, scrivete poesie, cantate la vostra canzone, scalate montagne e contemplate tramonti. Mandate una cartolina, ricordatevi ogni giorno di chi vi vuole bene e anche di chi non ve ne vuole.

Sono sempre stata un'iperattiva rompipalle. Ho sempre fatto i compiti, non ho mai barato, quasi mai o almeno non ne ho ricordo. Non ho mai sgomitato, ho sempre aspettato il mio turno e il più delle volte il mio turno non è mai arrivato. Ho sempre cercato di fare del mio meglio, il che non significa che io abbia sempre fatto bene. Ho sbagliato, spesso, sono caduta, a volte, ma ho continuato.
Penso però che nella vita ognuno raccoglie ciò che ha seminato. Beh... mi sa che ho seminato bene.
Mi commuovono le testimonianze d'affetto.
Mi commuove chi cammina con me, chi partecipa, chi si adopera, chi si mette in gioco.
Domenica c'erano gli amici di una vita, quelli del bar Giardini, dell'Amnesia, del Vecchio e dell'Art. Quelli delle partite di calcetto, delle scorribande, delle feste, quelli delle transenne in patronato, quelli delle corriere e del pesce al mare, quelli che conosci da quando eri grande così, quelli degli anni critici, quelli del Torrino, quelli della Fulgor, delle sagre a Lugo, quelli che si divertivano ancora quando tu te ne stavi a casa a cambiare pannolini, quelli che hanno sempre fatto festa con te nonostante i pannolini e i biberon, quelli che sono diventati mamme e papà favolosi, quelli che restano eterni bambini. Gli amici nuovi, gli amici che non avresti mai creduto ma che adesso sono così importanti, vicini, vitali da soffrirne la lontananza o l'assenza, gli amici degli amici.
Domenica c'era una fetta di vita talmente bella e importante da far squarciare il cielo.
Anche il tempo si è inchinato per una buona causa.
Ha piovuto tutta la pioggia che doveva, ha rinfrescato quel che basta per consentirci di giocare poi è brillato il sole.
Il resto lo hanno fatto loro mettendo in campo tutta la loro gentilezza e un'incommensurabile quantità di atti di bellezza non proprio priva di senso.
Il senso c'era ma non ero io, non era il drago, non era il cancro. Voglio credere sia stato solo un ottimo pretesto per stare insieme, per ricordarci quanto fa bene farlo e quanto siamo più forti se rimaniamo uniti. Perchè i miei amici non si vedono nel momento del bisogno, i miei amici ci sono... e basta.

Grazie.

mercoledì 21 giugno 2017

Una lezione da imparare




Entriamo tipo guest star in un'aula silenziosa. Dalle finestre entra un sole abbagliante, fuori un parco splendido e una distesa verde. Dentro una cinquantina di facce curiose e attente. I banchi, le Bic e i block notes, qualche notebook, gli astucci colorati e gli zaini sotto i piedi. Ripenso a quando dall'altra parte ci stavo io. Quando con presunzione credevo di sapere tutto perchè conoscevo il libro a menadito e patologia medica e chirurgica erano più una sfida tipo settimana enigmistica che altro.
Mi piacerebbe raccontarglielo quanto valgono i 30 quando sei in sala e hai un millesimo di secondo per decidere cosa fare o quando sei in reparto all'undicesima ora di turno e hai un nuovo entrato.
Ma quella è un'altra storia. Oggi parliamo di noi. Di un noi nuovo di cui faccio parte.
Raggio di Sole incontra i ragazzi dell'Università.
Paola è un po' preoccupata... “Cosa dovrei dire...”
La rassicuro dicendole che sicuramente conoscerà perfettamente la sua “lezione”, nessuno può raccontare meglio di lei quello che ha vissuto, provato. La paura, la grinta, la voglia di farcela, i sintomi, gli effetti della chemio.
Nadia rompe il ghiaccio presentando l'associazione, la storia, il percorso, le attività.
Poi parlo io e mi presento ai miei futuri colleghi. Mi è capitato spesso di fare lezione ai ragazzi, ma ora è diverso. Oggi non insegno come si allestisce un campo sterile, non ti bacchetto su come si indossano i guanti o si monta un ago sul portaghi, ti racconto chi sono, quello che è successo. Ti spiego come quindici gocce di Xanax mi abbiano fatto alzare la testa, di quanto fa male leggere una diagnosi con il tuo nome in alto a destra. Ti racconto di come si può affrontare tutto questo con forza, grinta e personalità. Ti sbatto in faccia che non mi sento per nulla persa, vinta o finita, che la vita va e deve andare avanti lo stesso. Ci metto i miei sogni, i miei progetti. A cuor leggero.
Quando parla Paola mi viene la pelle d'oca. Perchè è giovanissima come me, perchè è mamma, come me. Perchè la storia è cosi simile, gli ostacoli gli stessi, la grinta tale e quale. La voglia di dire: ok è successo, ma io ce la voglio fare e devo andare avanti. La sua paura dura dieci secondi forse... snocciola la sua storia senza timore alcuno, è rimasta solo l'ombra della ragazza timida e riservata.
Teresa ci mette l'ironia, l'autoironia dice lei. Perchè lei e solo lei ha il diritto di prendersi in giro. Perchè con il paziente oncologico ci vuole tatto, rispetto, attenzione e tanto cuore. Teresa racconta i suoi aneddoti, ci fa sorridere ma anche pensare... e mi rivedo nelle sale d'attesa fra domande curiose, sentenze ignoranti dei soliti sapientoni che pensano di sapere tutto. Noi pazienti odiamo le sale d'attesa, ricettacolo di pareri inopportuni e sproloqui.
Teresa è uno spettacolo, sembra recitare anche quando parla e non solo quando sale sul palco con la sua splendida compagnia teatrale. Teresa che aveva paura anche della sua ombra ammette di essere diventata una tigre perchè, e questo lo confermiamo tutte: c'è qualcosa nella malattia di magico che ti fa tirar fuori il succo, l'essenza... l'estratto (come ho già detto, giusto per essere al passo coi tempi).
Qualcuno in prima fila ha gli occhi lucidi. Sono abituata ad osservare attentamente le persone che ho davanti. Nessuno si distrae, tutti seguono attentamente le nostre parole. È uno stralcio di vita, così intenso e vivido da lasciarli immobili.
Calchiamo la mano su certi argomenti tecnici, Lorena ricorda la loro importanza in reparto, su come siano loro i nostri primi interlocutori. Parliamo di aghi, di paura degli aghi, di port, di terapie e sintomi.
Parliamo di fisiologia dell'illusione. Argomento che non troveranno nei libri ma che impareranno da noi. Perchè l'illusione della guarigione facilita il processo e questo me l'ha insegnato un'infermiera e voglio tanto darle ascolto.
Ricordiamo i mille appuntamenti estivi dell'associazione e li invitiamo ad essere dei nostri. Perchè come ripeto spesso: mi piace tantissimo fare casino.
E ci congediamo con un suggerimento.
Metteteci il cuore ragazzi.
In quello che fate, qualsiasi cosa facciate metteteci il cuore.
Che non vuol dire portarsi a casa le mie paturnie alla sera, dice Teresa... ma vuol dire innescare un collegamento strano fra i battiti e il cervello.

Ci saranno pazienti che non potranno mai essere interpretati utilizzando solo un atlante di anatomia o un compendio di patologia e sarà lì che darete il giusto valore ad un 30 sul libretto, una mano sulla spalla e un sorriso. Buon viaggio ragazzi...  

sabato 17 giugno 2017

L'amore aiuta a guarire



Mentre porto a spasso la mia esistenza, mentre mi barcameno fra mille appuntamenti, fra eventi, aperitivi, terapie ed esami, concerti, lezioni, lavoro, divertimento e svago. Mentre vivo come mai avevo vissuto prima, senza sprecare un secondo, senza tralasciare dettaglio alcuno. Mentre osservo finalmente e non guardo solamente. Mentre ci metto il cuore perchè la testa da sola non basta, mentre il dopo non esiste, esiste solo ora, adesso, in questo istante. Mentre cammino un passo alla volta con una voglia matta di fare un lungo salto ma con la consapevolezza che devo imparare l'arte della pazienza, dell'attesa, dei preparativi e della calma. In quel mentre ci sei tu.
Tu che mi tieni per mano e che più spesso stai lì mezzo passo dietro di me. Quel mezzo passo che ti fa sentire al sicuro perchè quella audace sono io, ma quello forte sei tu.
Tu che per me sei amico, compagno, confidente, amante, alleato. Tu che salteresti con me il fosso, chiudendo gli occhi ma prendendo la rincorsa.
Tu che quando torni la sera mi dici che ti sono mancata anche se ci siamo sentiti ogni ora.
Tu che non sai quanto bene ti voglio perchè ti rispondo sempre e solo “anch'io”.

L'amore aiuta a guarire.

Allora amiamoci forte che ho bisogno di endorfine. Ho bisogno di morfina endogena per digerire questo dolore. Mi serve dopamina per potenziare questo piacere, voglio ossitocina per incollarmi a te per non lasciarmi andare via.
Se l'amore aiuta a guarire, non smettere di cercarmi anche quando sono solo nella stanza accanto, non smetterla di chiamarmi anche quando sai che sto tornando.
Portami dove posso ballare scalza sotto un cielo di stelle e cantare stonando ammirando il mare.
Smettila di interrogarmi e continua a parlarmi.
Allontana il male come solo tu sai fare, nega sempre che possa accadere, chiudi i miei fantasmi in quell'armadio che non vuoi più aprire e insegnami che insieme possiamo ancora andare lontano.

E portami dove non siamo stati mai... che il viaggio è ancora lungo... che il giorno è ancora nostro... che la terra sotto i piedi è ancora calda e che io e te siamo fatti per restare abbracciati e non lasciarci più.  

mercoledì 14 giugno 2017

In attesa di collocazione



È dura ricevere una diagnosi con su scritto: carcinoma, soprattutto quando tu i carcinomi sei abituata a vederli, toccarli con mano. Voglio essere un po' cruda. Ho visto centinaia di pance aperte, ho toccato masse, ho palpato noduli, ho riposto in vasi o buste sottovuoto un numero sconfinato di pezzi anatomici, prendendomi la libertà di separare l'uomo dal campione in esame. Era molto più facile da affrontare. In sala operatoria non puoi farti carico di tutte le emozioni, rischieresti di impazzire. C'è sempre una persona oltre quel telo che separa il campo operatorio dal volto, ma spesso cercavo di dimenticarmene. Soprattutto quando quel viso era giovane, bello o simpatico. Soprattutto quando quello che vedevo dentro quel campo operatorio non mi piaceva. L'uomo diventava una prostata, un rene o uno stomaco, la ragazza erano due ovaie o un utero. Finiva lì.
Scambiavo due parole al massimo, preferivo non conoscere troppo, non sapere.
Mi ripetevo che per uno stipendio mediocre non ne valeva la pena di metterci troppo cuore, ne sarei uscita disgregata, affranta, segnata.
Difficilissimo era stare in sala con persone che conoscevo, la tensione si alzava.
Chissà se sarò ancora in grado di fare questo lavoro.

Ieri in sala non c'era una mammella. C'era una donna bellissima, una mamma affettuosa, una moglie amata. C'era una vita che merita di essere conosciuta e rispettata. C'erano pomeriggi di sorrisi, attimi di apprensione, sogni per il futuro, disincantate illusioni.
Riuscire a guardare oltre è un lavoro per menti troppo abili o per menti pazze o per menti che impazziranno. Ho saltato quel fosso e non potrò più tornare indietro. Non si tratta di farsi carico dei problemi del mondo, non ne sarei in grado. Vuol dire aprire veramente gli occhi, vuol dire visione olistica della persona.
Anche se amo l'acciaio chirurgico non riuscirò più a guardare solo il mio tavolino ordinato.
Anche se amo l'asettica pulizia, non riuscirò più solo a fare una medicazione ordinata.
Anche se amo il rigore, il ferro giusto, il filo adeguato, non riuscirò più solo ad organizzare un intervento coordinato.
I pazienti hanno un nome e un cognome. Hanno una storia e magari dei figli. Hanno fatto o faranno la chemioterapia, hanno vomitato e patito dolori alle ossa e vertigini. Hanno macinato chilometri per andare in radioterapia. Hanno atteso con ansia l'intervento. Hanno paura, hanno sogni, sono depressi, rassegnati o illusi e colmi di speranza.
Non sarò più una asettica strumentista di sala operatoria.
Sarò Claudia, colpita, ferita, cambiata.
Mi metto in attesa di collocazione, alla ricerca di un impiego che mi faccia guardare negli occhi le persone.
Nel mio male, la cura. Sono guarita da un difetto di forma.
Ho imparato ad alzare lo sguardo e quello che vedo mi piace molto di più.
Ieri quella mammella l'ho abbracciata al risveglio, piano, per non farle male.

Domani ci sarà una nuova storia da ascoltare prima di vedere organi pelvici sul maxischermo della laparoscopia e poco male se la Johan o il dissettore saranno riposti nel tavolo con il manico a sinistra anziché a destra... Avete perso una fissata e maniacale strumentista.  

lunedì 12 giugno 2017

Abbiamo solo piantato un seme



Sono sdraiata sul lettino, seminascosta fra i teli sterili. Rita indossa guanti, mascherina, luce frontale sugli occhialoni neri. Un gruppetto di mani abilissime studiano e perfezionano la tecnica che Rita sta usando su di me. Io non penso a nulla, sono felice.
Non me ne importa niente di quello che pensa la gente. Camminare a testa alta con i miei occhioni neri e due splendide sopracciglia che mi incorniciano il viso... per me è un primo piccolo passo verso la vittoria con me stessa.
Cancro non mi avrai.
Ti sei preso le mie paure, la mia ansia, ti sei preso una parte di me così intima e femminile, ma non mi hai rubato la voglia di continuare a lottare e mostrarmi per quella che sono. Fiera, altera e bella. Perchè non è più questione di cellulite e brufoli. Adesso vado oltre. Quella che vedo riflessa nello specchio è una donna che non conoscevo e che per la prima volta si piace. Ho mandato giù il boccone amaro, ho accettato ma adesso si combatte.
Strana la vita e i suoi intrecci.
Laura parla orgogliosa di me, del mio blog, del mio piccolo seguito di persone e Michela la osserva incantata.
“Qualcuno le ha chiesto anche di stampare delle magliette”, confida lei... Michela rimane folgorata.
Adesso che la conosco rivedo in quel momento il vaso di Pandora che si apre.
Michela è un vulcano. Il suo cervello ha già cominciato a lavorare a mille... i pensieri corrono talmente veloci nella sua testa che quando ti messaggia deve usare i messaggi vocali perchè le dita non possono starci dietro.
Quando scopre che abitiamo vicine è fatta. Michela ha già creato tutto!

Cosa voglio in realtà.
La chiave di tutto sta qui.
IO NON SONO SOLA.
Nel mio percorso di accettazione ho trovato grinta e determinazione, ma anche persone e tanto aiuto. Ho trovato parole giuste, opportunità e supporto.
Ma IO NON SONO SOLA.
Mi scrivono in media una decina di persone al giorno, tante stanno vivendo la stessa situazione. Tantissime sono disperate, tristi e non sanno dove sbattere la testa. C'è bisogno di tutto, c'è bisogno di tutti.
La risposta è appesa nel day hospital dell'oncologia, in bella mostra.
“Raggio di Sole”, associazione oncologica di volontariato per l'Alto Vicentino.
Qualcosa c'è, qualcuno che ascolta, che aiuta. Qualcuno con cui muoversi e perchè no, anche divertirsi o in ogni caso uscire e sentirsi VIVI.
Mi metto in contatto con Lorena, la presidente.
Ci vediamo da lì a poco... è amore a prima vista.
Lorena è come me. Una donna che sorride alla vita... nonostante tutto, è una donna che non ha messo il confine fra se, la malattia e gli altri. In questo ci siamo cadute, ma siamo cadute in piedi e insieme possiamo combattere.
Da lì alla progettazione di un super evento Fucsia il passo è breve, ci passa un incontro con Francesca
la psicologa per delineare un progetto che sia un po' più mio, un po' più Fucsia.
Raggio di Sole ha fatto tantissimo e potrà fare molto di più, con idee e forze nuove, con l'allegria e lo spirito sbarazzino di una donnamogliemamma che ha deciso di vivere tingendo la tela del dolore col colore delle fragole.

Non credevo che la macchina solidarietà potesse smuovere le montagne. Tutti hanno messo qualcosa di unico e speciale, quel tocco magico che ha trasformato il sogno in realtà.
Stefania, Roberta... un'equipe di donne straordinarie che con sinergia hanno reso possibile il primo aperitivo Fucsiawonderbra.

Il resto lo hanno fatto le 900 persone che hanno popolato il parco di una villa meravigliosa. Il resto lo hanno fatto i bambini che correvano e giocavano felici con i clown. Il resto erano tutte le volontarie che hanno venduto magliette e si sono presentate col sorriso aperto... con il sorriso di Raggio di Sole. Il resto erano le mie amiche che davano il benvenuto all'entrata, i miei compagni di scuola, gli amici di sempre, i miei colleghi, i medici, il reparto di oncologia, le mie squadre di pallavolo, il mio mondo e il mio nuovo mondo. Il mio esercito Fucsia... unito e compatto.
Quello che siamo riusciti a realizzare ha un valore incommensurabile che va oltre i soldi, gli interessi. Abbiamo dato voce alla speranza, abbiamo gridato che si può e si deve fare...

E ora. Non ci fermiamo.
La mia strada è ancora lunga.
La strada dell'esercito Fucsia ancora di più.
Senza paura, mano nella mano.

Abbiamo solo piantato un seme, il resto lo farà la pioggia lieve e la forza di un raggio di sole.  

domenica 4 giugno 2017

Fabbricanti di sogni




Vi guardo finalmente chiudere gli occhi... dopo l'ennesimo: “Basta, silenzio, si dorme... dammi quello spinner sennò non lo vedi più!”.
Abbiamo trascorso quattro giorni stupendi. Abbiamo barrato tante caselle di quella meravigliosa “Wish List”.
Abbiamo cantato insieme a squarciagola le canzoni dei Negrita.
Abbiamo dormito in un posto diverso.
Abbiamo mangiato focaccia e pesto alla genovese... in barba al lievito e alla farina!
Avete giocato con la sabbia, fra le onde, sotto il sole.
Ho districato capelli salati e cosparso protezione solare.
Ho girato fra la gente con la mia testa scalza sentendomi libera e felice.
Ho dato al mio drago lo spazio di un attimo, giusto il tempo di un pensiero triste, per poi guardarvi e ridarmi la carica.
Quante volte negli ultimi mesi ho pianto guardandovi dormire ed egoisticamente ho pensato che sarebbe tutto più semplice se voi non ci foste.
Nulla da spiegare, nulla da reinventare. Nessun vuoto da riempire, risposte da evitare.
È difficile essere mamma. È difficile essere mamma di due bimbi intelligenti che ti studiano, scrutano i tuoi passi, i tuoi movimenti, leggono i tuoi malumori, le tue insofferenze. È difficile essere mamma e spiegare ai tuoi bambini quello che a te fa paura... rendere comprensibile ciò che tu ancora non ti sai spiegare.
Poi arrivano loro che in un attimo ti spiazzano.
“Mamma io ho paura del drago... “ mi dice Giacomo.
“Il drago è una malattia Giacomo...” gli risponde Matilde... “Il drago si cura!”.
Venerdì mattina raggiungo timidamente il salotto in cui stanno giocando le cuginette. Indosso la mia cuffietta rosa, quella bella con il fiocco...
“Mamma non ti preoccupare... toglila, ho già spiegato tutto io, non ti devi preoccupare!”.
Ho tolto la mia cuffia, le mie nipotine mi hanno guardata e mi hanno sorriso dopo cinque secondi esatti. Matilde aveva rotto l'imbarazzo prima ancora che si venisse a creare.

Come ho potuto pensare che senza di voi sarebbe stato più facile?
Io ho bisogno di voi...
Ho bisogno dei vostri sorrisi, dei vostri abbracci, delle vostre innumerevoli marachelle... Ho bisogno di distogliere l'attenzione e di concentrarmi sulla vita e la vita, siete voi.
Voi che pur così piccoli, conoscete già il significato di parole sconosciute, parole che usano solo i grandi e che solo i grandi dovrebbero provare. Purtroppo però la vita è anche questo.
Non vi nascondo nulla... siete i miei compagni di viaggio, siete i miei primi alleati in questa battaglia. Voi e il vostro meraviglioso papà.
Matilde segna i giorni della terapia sull'agenda e sa che in quei giorni deve essere almeno un po' più brava, deve ricordarlo a Giacomino, aiuta papà, si siede vicino a me e mi fa anche solo compagnia. Poi tutto passa, tutto rientra nella normalità e loro tornano ad essere i diavoletti di sempre. Ma in quella piccola parentesi toccano con mano la realtà.
Voglio credere che tutto questo vi renderà migliori. Più forti. Voglio credere che non negherete mai una mano, un sorriso, un abbraccio a chi soffre, a chi sta male, a chi semplicemente è diverso.
Voglio credere che non deriderete più chi non è come voi... come non avete mai deriso la vostra mamma “scalza”.

Torniamo insieme a progettare, parola che mi fa così tanta paura... ma voi, io... noi abbiamo bisogno di sogni grandi... e io voglio essere la vostra fabbricante di sogni!  

giovedì 1 giugno 2017

Stop for a second

So...now stop for a second and listen to me well. Internet, Facebook, blogs can be full of junk. But I'm Fucsiawonderbra and I'm not telling you a lie. You are my friend, my acquaintance or maybe our paths have never crossed before... but believe me: I love you. So... get undressed, stand in front of the mirror, in a well-lit enviroment, put your hands on your hips and push hard by contracting the chest muscles. In this way you will carefully observe your breasts and you will notice their mild natural imperfections. In most of you, of us, the breasts are not exactly the same and you can notice any asymmetries. Then, with your arms at your sides, check if there is any change in the outline of the breasts, such as swelling or skin retraction or a change in the appearance of the nipples. Repeat the same observation with the raised arms, armpits included, and then also in profile to check the line of the breasts. In this position, it is better to point out the presence of any irregularities or of real protrusions. Now bend your right arm behind your neck and gently feel your right breast with your left hand, looking for any nodules, abnormal masses, hardening or thickening. The operation should then be repeated on the left breast, taking care to bend the left arm behind the head. Lying down with a pillow under the right shoulder, and with the right hand under the back of the neck: the breasts will flatten and the tissue will distribute better on the chest. Gently press your right breast with your fingers, use a circular motion to detect any nodules. To feel better, your hand should be flat with your fingers tightened and united and, in order not to forget any point, you can proceed clockwise, covering the whole breast. The area between breast and armpit should also be carefully checked. Repeat with the left breast, this time move the pillow under the left shoulder. Gently squeeze the nipple between your fingers to see if a bit of serum or blood comes out. In that case, check the color on a handkerchief and report it to the gynecologist or better to a senologist. Signs not to be underestimated are: Serum or blood loss from the nipple (may be of different color: brownish, brownish-greenish or serous, light yellow); retractions (small dimples) or skin changes; differences in the shape of the breast gland; presence of small nodules. Take note and report anything that does not convince you! You can run this exam yourself from the age of twenty, once a month, one week after the end of the cycle; if you are pregnant or in menopause the time to run it is indifferent, fix a date that will be your deadline to avoid the risk of forgetting. During the first month it is best to repeat self-palpation more than once, to know your breasts well and then to perceive if there are any changes. Please, don’t worry, I’m sure you won’t find anything bad...But if something doesn’t convince you, don’t wait...Talk to a doctor! I’m a nurse so all the information you will find here is drawn from "Evidencebasednursing". I know very well that this blog and its Facebook page are read by many doctors. I would be happy if they too would like to comment or add their suggestions... You shared loads of bullshit in these years, today give me a present. Don’t ‘like’ this post but share it. I’ve stood up for this...please do the same and it will be for me #agoodreasontobehappy I love you, Fucsiawonderbra (trad. di Alessia Zenere)


Mi scrive Alessia:
seguo la tua storia e la tua luce e penso entrambe debbano essere diffuse il più possibile. Ho tradotto uno dei tuoi post in inglese...”

Lo trovo un bellissimo un regalo, fiera del mio esercito Fucsia che abbatte qualsiasi bandiera, anche linguistica!