domenica 7 maggio 2017

Ricordati di sorridere



15 Settembre 2007, forse 16 Settembre, perchè sicuramente era già scoccata la mezzanotte. Io ero ancora bellissima nel mio vestito bianco da favola, da Biancaneve, col collo alto come le principesse delle favole. Avevamo riso, scherzato, cantato e ballato. Siamo soli io e lui, di fronte alla piscina illuminata di stelle, lucine e candele.
Papà mi prende per mano, mi siedo sulle sue ginocchia.
Con le lacrime agli occhi, perchè il mio papà era un orso che sapeva piangere, mi dice che sarà difficile tornare a casa senza di me. Io lo abbraccio forte, così forte, come forse non lo avevo mai abbracciato.
Un mese dopo stringo in mano il terzo test di gravidanza. Il terzo test positivo.
Antonio mi guarda con occhi a forma di cuoricini, io mi siedo sul divano malmesso della nonna che occupa il nostro salotto deserto, assieme ad una cassapanca vuota. In casa abbiamo una cucina e un letto, in banca neanche una lira ma un debito per i prossimi 25 anni... Lui sta cercando lavoro, io mi sto chiedendo se sia il caso di comprare un altro test, magari nel frattempo cambia qualcosa. Poi penso che nostro figlio barra figlia ci è già costato 39 euro in farmacia (13+13+13) e mi arrendo.
Chiamo la mamma, in lacrime. Lei è felice ma è una donna razional obiettiva come me. Le dico di dirlo a papà, non ho il coraggio, non ce la faccio. Mi sembra di averne combinata un'altra delle mie e in questo ero davvero infallibile.
Me lo ricordo papà sveglio alle tre del mattino, in penombra, davanti alla finestra con la sua Diana Blu Slim accesa che fissava il cancello. Mi incute paura ancora adesso. Mi ricordo le sfuriate, le grida faccia a faccia, il suo “Chiaro?” perentorio.
Papà ha allenato centinaia di bambini a calcio, lo adoravano tutti, papà era un sole, era il sorriso più grande e più bianco che la Fulgor possa ricordare.
Io e lui però viaggiavamo su binari paralleli. Troppo uguali per incrociarci. Troppo fieri.
La mattina dopo mi suona il campanello, mi tremano le gambe, apro piano la porta. Lui tiene in mano un sacchettino bianco con due brioches, mi abbraccia che quasi mi stritola e mi salva: “Finchè ci sarò io, non dovrai mai avere paura di nulla, tutto andrà bene!”
Da lì ho ricominciato a sorridere.
Non è mai stato facile, ma lui c'era sempre, era la terra sotto i miei piedi, anche quando la terra tremava. Anche quando la pancia non cresceva, anche quando gli esami andavano male, anche quando alla fine la mia piccola guerriera ci stava appena in una mano, attaccata a sonde e tubicini. Lui c'era, era lì dietro il vetro con occhi innamorati.
Lui c'era sempre. Era l'eroe che la faceva ridere e mangiare, era un cane a quattro zampe e un valoroso pirata, era un re con la corona e lei la sua principessa.
Lui era con me anche quando il cardiologo ci ha confermato che quel cuoricino andava studiato, curato e rattoppato. Lui era con me e io non avevo paura.
Papà mi ha fatto lo scherzo più stronzo e bastardo del mondo, se n'è andato senza dire niente, senza una parola, senza un ciao.
Si è addormentato, senza andare a prendere Matilde all'asilo.
Non glielo perdonerò mai.

Finchè ci sarò io, non dovrai mai avere paura di nulla, tutto andrà bene!”

E adesso che si fa, dove andiamo? Dove la trovo la forza io?

Tutto andrà bene! E se invece male? Ricordati di sorridere!”

Al suo funerale ho indossato un bel vestito, un tacco 12 e gli ho dedicato da seduta perchè le gambe mi tremavano ma a voce alta e ferma le parole più belle e vere che il mio cuore gli avessero mai dedicato. Gli ho detto tutto quello che avrei voluto dirgli se me ne avesse dato modo.

Papà: generosità, passione e grinta. Sempre col sorriso!

Dove trovo tutta questa forza mi chiede la gente. Sarà genetica, sarà che ho una mamma che ha scalato le montagne a mani nude, che il drago l'ha guardato in faccia e gli ha detto: guai a te! Sarà che lei ha ripreso in mano la sua vita e ne ha fatto un'esplosione di forza e coraggio. Sarà che lassù ho una stella grande, ma così grande che illumina ogni notte il mio cielo.
Io lo ammetto, ultimamente non so cosa pregare. Ma la mia preghiera la dico guardando il campo da calcio in cui intravedo ancora la sua tuta blu e il cappellino col frontino. La mia preghiera la dico guardando Giacomino e la sua panciotta liscia che gli fa calare i pantaloni a mezzo sedere come il nonno, guardando Giacomino ridere, riconoscendo il timbro di quella risata.
La mia preghiera è il mio sorriso perchè nel mio sorriso c'è anche il suo sorriso.



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