Un
paio di anni fa Mauro Berruto, famoso allenatore di pallavolo nonché
commissario tecnico della nazionale maschile pubblicava uno scritto
meraviglioso:
“La
pallavolo è lo sport più pericoloso che esista”
Eh
già... Avete mai provato voi a giocare in 6 in un campetto di 81
metri quadri, in cui vige la regola che la palla va sempre passata?
Avete mai vissuto l'interdipendenza di ruolo? Io non schiaccio se lui
non alza, lui non alza se lei non riceve?
Vi
siete mai dovuti ricredere dopo un set vinto? Sapete cosa significa
riazzerare i conti e iniziare nuovamente da capo?
«Hai
fatto tutto benissimo e hai vinto il primo set? Devi ricominciare da
capo nel secondo. Devi ritrovare energia, motivazioni, qualità
tecniche e morali. Quello che hai fatto prima (anche se era perfetto)
non basta più, devi rimetterlo in gioco. Viceversa, hai perso il set
precedente? Hai una nuova oggettiva opportunità di ricominciare da
capo. Assolutamente inaccettabile per noi adulti che lottiamo per
tutta la vita per costruire la nostra zona di comfort dalla quale,
una volta che ci caschiamo dentro, guai al mondo di pensare di
uscire».
Io
amo la pallavolo, alleno la pallavolo, giocavo a pallavolo fino a
quando la schiena non ha ceduto.
Lo
sport è come la vita, in generale.
Qualsiasi
sport.
Impari
la fatica, impari che per sbaglio puoi vincere al massimo una
partita, ma senza impegno, costanza e dedizione non vai da nessuna
parte.
La
pallavolo in particolare mi ha insegnato che da soli non si è
nessuno, da soli non si vince e quel darsi un cinque dopo ogni azione
è una spinta forte a continuare.
Ogni
giorno mi arrivano foto di incoraggiamento. Splendide, bellissime...
I primi a cominciare sono stati i ragazzi del Villareal con a capo il
mio super fratellone: ammazza il drago!
Dopo
di loro si sono scatenate un sacco di squadre, con molte di loro ho
giocato, ho riso, ho scherzato, sono diventata grande. Alcune di loro
sono state in palestra con me, hanno sopportato le mie urla, i miei
schiamazzi, le lezioni di tecnica e la preparazione dura. Adesso
scendo in campo per una gara diversa. Lo sport è anche questo. E'
pazienza, sacrificio a volte dolore. E' stare per mesi in panchina
aspettando il tuo momento, è continuare a lottare per guadagnarsi un
posto, è comunque gioire quando la tua squadra vince. Lo sport sono
ginocchia che scricchiolano, caviglie doloranti, acido lattico e
crampi, è il tuo coach che non capisce un tubo: non sei svogliato,
sei solo stanco o perso per gli affari tuoi!
In
questa sfida che sembrava solo mia, ho cominciato un cammino da sola.
Giorno per giorno però mi sono dovuta ricredere. Abbiamo tutti
bisogno di un cinque battuto forte, abbiamo bisogno della parola come
dell'alzata fatta bene.
Fare
squadra è nel mio DNA. Ho cominciato a scrivere, a condividere. Ho
cominciato ad alzare gli occhi e ho incontrato attorno a me decine e
decine di altri sguardi, alcuni più tristi, altri speranzosi, altri
ancora stavano solo aspettando il mio sguardo.
Come
nella pallavolo anche qui mi ritrovo a correre, saltare, sudarmi ogni
piccolo traguardo, finire una terapia per poi riazzerare tutto e
dover ricominciare da capo.
Ma
come nella pallavolo trovo sempre qualcuno che mi porge la mano e mi
dona il suo raggio di sole.
Alle
mie ragazze ho sempre detto: “Non si molla mai, fino alla fine,
fino a quando la palla non cade, ma soprattutto voglio vedervi andare
su tutti i palloni come fosse l'ultimo punto”.
Io
me lo ripeto tutte le mattine al risveglio: “Non si molla mai
Claudia! Ma soprattutto voglio vederti lottare e vivere come se ogni
giorno fosse l'ultimo”
#IoNonMolloMai#
#BePositive#
#UnBuonMotivoPerEssereFelice#
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