martedì 19 settembre 2017

"Quando si smette di pensare a ciò che può succedere..."


Intorno a me c'è tanto caos. Settembre è sempre un po' così, un nuovo inizio. Ricomincia la scuola e il suo tram tram, I quaderni da comprare, le penne, la colla, il righello che non si trova, le etichette, adesivi da scrivere con maniacale dedizione e appiccicare nell'angolo in basso a destra sennò non mi piace. Pennarelli e matite in gradazione che tempo una settimana saranno sparse nell'astuccio a casaccio, rosicchiate e senza punta.
Ricominciano le attività, si riattiva il servizio taxi. Perché mamma "mi piace la pallavolo ma il nuoto è importante e io vorrei tanto ballare" e io che faccio del "mens sana in corpore sano" un motto di vita, assecondo.
La mia agenda si riempie a tal punto che per ogni paginetta ci inserisco un post it e poi frecce, freccette, cambi di colore per stabilire le priorità. Aggiungiamoci poi una vita sociale degna di una Chiara Ferragni dei poveri e la mia immancabile incapacità di dire no a nessuno.
Fra le priorità ci sono gli esami preoperatori: passo da un colloquio agli esami del sangue, torace ed elettrocardiogramma, incontro con la volontaria e consegna delle borsette di stoffa colorata per i drenaggi.
Quando l'infermiera mi chiama per la Risonanza sto rispondendo a un messaggio e contemporaneamente pensando alla lista della spesa e al pranzo. Realizzo dove sono e cosa sto facendo mentre mi ritrovo con la faccia schiacciata in un cuscinetto antidecubito, il mio décolleté appositamente soggiornato in due incavi e nelle orecchie un rumore assordante nonostante le cuffie. Nel braccio sinistro mi ha acciuffato al volo una delle ultime vene rimaste e lentamente scorre il liquido di contrasto ma non ne ho percezione alcuna.
Sono fatta così. Non ho dato al mio drago lo spazio di un attimo. È stato un pensiero costante, ricorrente ma non ha fermato il mio turbine mentale, la mia incapacità di bloccare la mia vita e le mie passioni. Mi rialzo con un'abilità sorprendente nonostante la posizione non proprio comoda per la mia schiena malandata e vado a rivestirmi.
"Il medico dice di aspettare una decina di minuti, fai pure colazione e poi torni così ti dice qualcosa".
Panico. Il panico si fa strada in un nano secondo.
Per sei mesi ho accettato tutto, ho fatto i compiti, sono stata una paziente modello. Dentro di me la consapevolezza che tutto stava andando per il verso giusto, le visite lo confermavano ma non ne ho mai avuta la certezza insindacabile di un esame strumentale.
È il momento della verità. È il momento di capire se è servita la nausea, se è servito annientarsi davanti a uno specchio, se sono servite le unghie nere e i formicolii, decine di punture sulla pancia e sulle gambe e relativi dolori alle ossa. Se è servito tutto questo pellegrinaggio in salita, sui sassi, a piedi nudi.
Ebbene sì...
La chemio funziona.
È tanto stronza quanto efficace e lo dico a cuor leggero perché possa diventare fonte di speranza per chi quel cammino lo deve iniziare.
Mi basta lo sguardo buono e compiaciuto del radiologo per perdere dieci chili di ansia, mista a ritenzione idrica. Ho baciato e abbracciato tutti. La felicità quella vera, non la puoi trattenere perché ti esplode dentro ed esce da ogni poro della tua pelle.
È solo un piccolo primo traguardo... Piccolo piccolissimo.
L'indomani la sequenza si ripete. Infermiera, tecnico di radiologia. Mi strizzano la mia povera tetta dentro la morsa della mammografia, il dolore lo sento relativamente. Tutto è relativo al momento. Penso ad altro, attendo, aspetto.
È una nuova conferma.
Gli stessi occhi azzurri e lo stesso sorriso di qualche mese fa mi guardano soddisfatti. Questa volta non è una condanna.
Manca solo l'ultimo step della settimana. I colloqui con chirurgo e anestesista. Mancano le mie firme sui consensi. Manca il mio ok.
È quello che voglio, che abbiamo stabilito, è quello che ho studiato (anche se non avrei dovuto, ma resto pur sempre un'infermiera), ma non per questo fa meno male.
Non perdonerò mai al mio drago l'ingiustizia di prendersi la mia femminilità, di prendersi ciò che mi ha resa materna e soffice come un cuscino per i miei bimbi. Lo accetto, ma non glielo perdono.
Esco stremata, dopo una settimana di visite, controlli ed esami.
Ne esco felice, turbata, motivata, parzialmente preoccupata ma fiduciosa.
E poi basta... Perché gli ho dedicato già troppo tempo, lui si è già preso troppo e io ho due bambini da coccolare, i primi giorni di scuola da vivere, una scatenata squadra di baby atlete da conoscere per poi delegare alla mia fidata sostituta ma soprattutto un volo da prendere.
Perché la vita è ora, è adesso.
"Quando si smette di pensare a ciò che può succedere, si inizia a godere di ciò che sta succedendo"...
E io vado a Berlino col mio amore!

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