domenica 24 settembre 2017

Oh Berlin





Berlino ha molte superfici vuote. Si vedono case che su di un lato sono completamente libere perché la casa accanto è stata distrutta e non è stata mai più ricostruita. I desolati muri laterali di queste case si chiamano 'Brandmauer' e sono quasi inesistenti in altre città. Queste superfici vuote sono le ferite e io amo la città a causa di queste ferite. Esse trasmettono la storia meglio di qualsiasi altro libro o documento. Quando ho girato “Il cielo sopra Berlino” ho notato che ero sempre alla ricerca di queste superfici, di queste terre di nessuno. (Wim Wenders 1992).

Berlino è un po' come me. Caotica, confusa, in continuo movimento.
Berlino è musica, colori e mille mille passi in una Alexanderplatz che pullula di gente.
Berlino è elegante e austera nella sua facciata che trabocca storia, la Berlino dell'Hackescher Hof, della Porta di Brandeburgo, del Reichstag, del Tiergarten, del Luftwaffe HQ, di Checkpoint Charlie, Unter Den Linden, o Gendarmenmarkt.
Berlino è un crocevia di volti, profumi e lingue diverse nelle strade di Friedrichshain o di Kreuzberg.
Berlino è trendy, capricciosa, stilosa o semplicemente sopra le righe come Mitte e Prenzlauer Berg.
Berlino è segnata, ferita e fiera come una donna che ha sofferto ma che mostra al mondo le sue cicatrici per non sbagliare più, per non soffrire più. La sua testimonianza diventa arte, colore, chilometri di vernice su un muro che è ancora lì per non dimenticare.
Berlino è un cantiere a cielo aperto, è voglia di rinascere ogni giorno, è voglia di crescere, costruire, cambiare ed evolversi.

Ci siamo persi nelle eleganti vetrine di Kurfürstendamm come tra le bancarelle di Mauerpark, con la stessa curiosità e attrazione per un orologio di Gucci o un cappottino di seconda mano e i Rayban vintage.
Abbiamo mangiato qualsiasi schifezza e bevuto birra. Abbiamo camminato tanto, tantissimo, apprezzando un silenzio che non ricordavamo tra una chiacchiera e l'altra e ci siamo ritrovati soli dopo dieci anni nel bel mezzo di una metropoli, ancora insieme, ancora noi due.

Avevo solo bisogno di staccare, di andare lontano per un po'. Via da tutto e tutti e fingere per un attimo che gli ultimi sei mesi non fossero mai esistiti.

Ma Berlino mi ha ingannata, piacevolmente incantata. Si è trasformata in una metafora perfetta del mio essere e del mio andare. Mi sono ritrovata felice, elegante e austera, colpita, ferita e dilaniata. Ma guardando quel cielo azzurro sopra un muro colorato ha vinto la voglia di rinascita.
Ha vinto la voglia di non dimenticare nulla, ma di ricostruire un futuro sulle macerie rimaste. Velocemente, freneticamente, con grazia e ambizione.
Al mio fianco sempre lui, sempre e solo lui, col suo sguardo buono e rassegnato ai miei capricci e ai miei sogni immensi.

Lui, il mio amore... sempre lì, come un bambino che gelosamente tiene stretto nel pugno un palloncino che nonostante tutto continua a volare fra un 'Brandmauer' e l'altro, fra una ferita e l'altra.

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