L'indomani mi
presento puntuale al mio appuntamento. La dottoressa, i suoi occhioni
azzurri e il suo dolce sorriso mi aspettano.
Rifaccio la
mammografia, mi ristrizzano per l'ennesima volta. Oggi fa più male
di ieri, c'è maggiore consapevolezza.
Mi ristendo sullo
stesso lettino. Stesso copione di ieri, ma a differenza di ieri la
dottoressa mi punge e ripunge, più volte. Stringo i denti.
“Fatto,
adesso aspettiamo l'istologico”.
Esco
dall'ambulatorio, devo andare dal dentista, devo comprare il latte e
un po' di verdura, devo stendere una lavatrice.
La mattinata finisce
davanti ad un caffè d'orzo: io e la mia mamma.
“Qualsiasi
cosa sia ce la facciamo!”, ma stavolta piangiamo, finalmente,
insieme.
Arrivo al lavoro.
Sono di pomeriggio.
Vengo subito
catapultata nella dimensione quotidiana: mancano uno stent e
un'appendice. I lotti sono preparati, l'armadio urgenze è da
controllare, la centrale di sterilizzazione... la, i, nel...
Mi gira la testa, mi
sento soffocare.
Comincio a
iperventilare e più respiro, più sto male.
Samu, ti devo
parlare.
Ci chiudiamo in una
sala vuota.
Lei mi guarda e non
capisce.
Devo dirti una cosa.
“Sei
incinta?”
Magari. Preferirei
essere incinta, anche di tre, quattro gemelli... Io che dormo ancora
mezza notte con un piede infossato nel fianco e una manina fra i
capelli. Io che mi sveglio con la bavetta sul cuscino e una testa di
riccioli biondi che mi alita nell'orecchio. Io che se sento un
neonato piangere mi si accappona la pelle, che ho buttato ciucci e
biberon e ho smerciato lettini, passeggini e sdraiette.
Quanto vorrei essere
incinta!
“No,
ho trovato un nodulo al seno”
Lei si siede, mi
guarda. Si porta la mani alle tempie e razionalizza.
“Hai fatto un'eco?”
“Hai fatto un'eco?”
“Già
fatta”
“La
mammografia?”
“Già
fatta Samu, già fatta... Ho fatto anche l'ago aspirato, la
biopsia... Adesso aspettiamo l'esito”
“Che
cazzo aspettavi a dirmelo?”
E lì mi sciolgo. Lì
comincio a vedere una piccola lucina in quel tunnel nero. Perchè lei
capisce, lei sa di cosa stiamo parlando. Lei è in sala con me tutti
i giorni. Mi aveva vista strana.
“Non
ti abbattere, non mollare, non c'è nulla di definitivo, magari è un
fibroadenoma...”
Ci voglio credere
anche se non ci credo. Ma ci voglio credere perchè lei è la mia
amica Samu, perchè a lei ho ripetuto fino allo sfinimento che nella
vita bisogna essere positivi, che tutto passa, che siamo forti e
uniche e che insieme scaliamo anche le pareti dritte. Ci voglio
credere perchè la mia amica Samu è troppo bella per pensare ad una
cosa brutta. Perchè la mia amica Samu ha una soluzione per tutti
tranne che per se. Perchè la mia amica Samu mi ha insegnato ad usare
la farina di farro, l'avena, lo sciroppo d'agave, il tofu e il
cremortartaro. La mia amica Samu è quella del nettalingua e
dell'acqua bollita. Come faccio a non crederle?
Mi prende per mano e
usciamo dalla sala.
Intorno a noi troppi
occhi, troppe orecchie. È come se mi guardassero dentro, è come se
l'angoscia venisse riflessa nella mia pelle.
Tremo, respiro
veloce, ho freddo, caldo e poi di nuovo freddo. Mi gira la testa e
più respiro più mi gira la testa.
Samu... Fai
qualcosa!
E lì scatta il
complotto.
Mi chiude in una
stanza.
Torna dopo pochi
minuti.
Basta chiedere ad un
nurse di anestesia per stare meglio...
Mi fa bere
direttamente dalla siringa 5cc di pozione magica.
Il resto non lo
ricordo più.
So solo che stavo
meglio.
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