domenica 30 aprile 2017

Work in progress



Work in progress.
Io e Marta siamo una squadra fantastica. Abbiamo deciso che domani sarà picnic e domani sarà picnic. Ma siccome è troppo facile portare una coperta, pane-prosciutto, due birre e una Fanta, io e Marta abbiamo intavolato un vero catering, ovviamente via whatsapp perchè noi siamo donne high tech!
Ammetto che ho imparato a delegare.
Me l'ha detto l'iridologo: mi manca una linea strana intorno alla pupilla che significa totale apertura verso gli altri ergo eccesso di disponibilità. Quindi, compito numero uno: ho imparato a suddividere i lavori da fare.
Io penso alla pasta, Marta al riso, un dolce a testa, agli uomini spetta la carne (nonché la levataccia per la legna e accaparrarsi il camino) Romina i contorni e pane... un numero imprecisato di persone penserà al bere.
Allora, partiamo dal presupposto che adoro cucinare per le grandi occasioni. Il che significa che nel quotidiano vivrei di insalata e quel che capita, ma all'occorrenza sfodero grembiulino e Cucchiaio d'Argento. Nel mio simpatico e alternativo percorso verso il benessere ho deciso di eliminare alcuni alimenti. È stata una scelta sofferta, ancora in corso di studio ma che mi sta dando grandi soddisfazioni. Sostituire il latte mi è costato circa 30 euro prima di trovare una bevanda appetibile e soddisfacente, rinunciare ai dolci, lo zucchero, il cioccolato ha un prezzo che non ho ancora finito di pagare (infatti ogni tanto sgarro miseramente).
Con questo non voglio dire che se nella tua vita incappi in qualche “maledetto bastardo” devi per forza ridurti a mangiare miglio e avena, però alla teoria degli alimenti oncogenetici un po' ho cominciato a crederci. In fondo, siamo quello che mangiamo.
Quindi, ho spadellato simpatici fagioli rossi, con cipolla,aglio e prezzemolo, ho unito il mais, raffreddato il tutto e unito tonno sbriciolato (di prima qualità). Cotto pasta integrale e fatto una bella ciotola multicolor.
Per il dolce ho finalmente sfruttato la ricetta della mia nuova amica Elisa che ha gentilmente esaudito un mio desiderio di un dolce senza latte, burro, uova... Fatto torta di mele con farina di farro integrale, sciroppo d'agave (al posto dello zucchero), e cremortartaro per lievitare.
A quel punto però mi ha preso un po' l'angoscia “cuor di mamma” e mi sono immaginata Giacomino (4 anni-115cm-27Kg) col suo piattino di pasta integrale e la torta senza ombra di cioccolato... e lì, non ce l'ho fatta! Ho impastato una bella palla di pasta di pizza e alle 20 ho sfornato una quarantina di micropizzette con asiago e salamino... Evvai!!!
Di contro, ho dovuto fare il pane azzimo con Matilde, perchè “Ho imparato a farlo a scuola, perchè gli ebrei dovevano fuggire e non avevano il tempo per farlo lievitare, e poi, puoi farlo integrale, ti fa bene e puoi mangiarlo anche tu mamma!”.
Adesso sono qui, sfatta ma felice davanti al mio PC, sorseggio una tisana Bedtime Rooibos Vanilla e spero che domani splenda il sole!
Altrimenti troveremo un salotto qualunque per condividere in allegria, basta che Marta si ricordi i piatti di plastica, i bicchieri e lo Scottex, ma tanto prima delle nove ci saremo inviate un'altra ventina di whatsapp!

Buonanotte 

venerdì 28 aprile 2017

Francesca dolce Francesca




Correva l'anno 1999, avevo fatto il mio esame di maturità. Avevo il mio diploma in tasca, dovevo solo decidere che farmene. Avevo passato anni fra Saffo e Archiloco, Seneca, Cesare, Socrate e Platone. Avevo un bagaglio di Filosofia e Storia, Fisica e Chimica, conoscevo la letteratura italiana a menadito. Adoravo scrivere.
Ero una ragazzina fighetta e strafottente, amavo il teatro, la pallavolo, ballare in discoteca e viaggiare. Avevo già girato la Francia, la Spagna, sognavo l'Inghilterra, Dublino e Berlino.
Nel mio cuore però c'era un'estate strana, una follia a Rimini. 15 giorni con una ventina di ragazzi portatori di handicap. Mi ero sporcata le mani, avevo imboccato e asciugato bavette, avevo imprecato contro il bagno a fianco alla nostra spiaggia libera che si lamentava della nostra presenza. Avevo scritto il mio risentimento contro marciapiedi stretti e ascensori inesistenti.
Un pomeriggio torrido e afoso mentre spingevo la mia carrozzina su una stradina sassosa in salita, imprecando contro le mie geniali idee estive, mi si avvicina un simpatico vecchietto che mi mette una mano sulla spalla e spalanca un sorriso:
Claudia, tu spingi una carrozzina... ma lei spinge il tuo cuore”.
Il simpatico vecchino si chiamava don Oreste Benzi e nel 1968 aveva fondato l'Associazione Papa Giovanni XXIII. Non so ancora perchè ma conosceva il mio nome.
A 19 anni con la mia maturità classica ho deciso di fare l'infermiera.
I prof mi hanno guardata come un'aliena. Solo la prof di latino e greco ha capito... lei andava oltre.
Lo ammetto, l'università è stata quasi una passeggiata perchè sono e resto una gran secchiona. Ho cannato un solo esame su 33, l'ultimo. Sono arrivata alle 7.30 direttamente da Jesolo dopo un weekend da paura, puzzavo ancora di Cola Rum e non dormivo da tre giorni. L'appello successivo mi sono rifatta con un 30 e lode.
Ricordo poco delle lezioni, ma ricordo una frase di un'insegnante, la mitica suor Prima: “Fai un lavoro che ami e non lavorerai per tutta la vita!”

Francesca si avvicina al mio letto col suo sorriso fresco e disarmante.
Piccola, mi fa quasi tenerezza. E' il suo ultimo giorno di tirocinio. Peccato, mi sono affezionata tantissimo a lei.
Porcaccio, mi assomiglia all'ennesima potenza. Le brillano gli occhi quando maneggia le flebo, la pompa infusionale. Senza nessuna esitazione mi infila l'ago cannula e raccorda i tubicini.
In lei rivedo il mio entusiasmo. La voglia di fare il bene e farlo bene.
Non è da tutti.
Chi sceglie questa professione a volte lo fa per comodo, per un lavoro sicuro che poi, ora come ora, è tutt'altro che sicuro.
Ho visto facce strafottenti in questi anni, ragazzi annoiati, studenti seduti che sbadigliavano durante una toracotomia. Come si fa a sbadigliare davanti ad una toracotomia o un by pass femoro popliteo?
Francesca no. Non è annoiata, Francesca ha fatto una scelta di vita, Ha lasciato la Sardegna, è disposta a tutto per inseguire il suo sogno.
Vorrei ritrovare il suo entusiasmo, quando non mi lamentavo per l'ennesimo weekend passato in sala, per le chiamate notturne. Per le notti di Natale lontana dai miei bambini, i compleanni, le feste dell'asilo. Per quel continuo tram tram che diventa routine che ti fa perdere di vista i veri obiettivi.
Sdraiata nel mio letto, con la mia chemio rossa la prospettiva cambia.
C'è bisogno di un sorriso, di una parola, di mani abili e gambe veloci.
Cara Francesca vorrei che la vita ti sorridesse sempre e sono sicura che lo farà perchè tu la guarderai sempre col sorriso.
Ti chiedo un favore e non te lo chiedo da infermiera, né da guida di tirocinio, ma da paziente:
Siamo unici e fragili, a volte mi accorgo che basta una parola in più o una in meno per scatenare una tempesta cerebrale. A volte abbiamo male e non lo diciamo... impara a leggere i segnali. A volte abbiamo paura, tanta paura.
Sii sempre cauta, prudente ma soprattutto curiosa. Il giorno in cui ti ritroverai stanca e annoiata abbi il coraggio di cambiare. Segui i tuoi sogni, anche quando cambieranno direzione e sii felice.
Io ti aspetto qui, nel mio letto vicino alla finestra, ultima stanza a sinistra.
Il tuo tirocinio è finito ma se non torni a salutarmi non sei piu mia amica... Tiè!

Buon viaggio bella Francesca

mercoledì 26 aprile 2017

Non toglietemi il sorriso



Arriviamo puntuali al nostro appuntamento io e Laura, dopo una mattinata di shopping compulsivo, alimentato da chiacchiere e risate. Ci siamo ritagliate una mattinata tutta per noi con questa scusa. Abbiamo speso bene, mangiato sano, bevuto acqua naturale, caffè d'orzo e latte di soia... è tutto così strano, così cambiato. Eppure siamo ancora noi, con la stessa voglia di ridere, vivere, scherzare e far casino, ma con un pancino un po' più grande... lei e con un drago a farmi compagnia... io!
Solo in ascensore realizzo cosa sono venuta a fare.
Non ho per nulla paura.
Ho solo tanta voglia di mettere questa cornice.
Non puoi capire cosa sia la chemioterapia fino a quando non incappi in una nausea incontenibile, fino a quando non sei costretta a farti le iniezioni tutte le sere per sei sere, fino a quando le giunture del tuo corpo si lamentano come un ingranaggio rotto. Fino a quando i tuoi capelli cominciano a prudere, a farti quasi male... per poi cadere, a ciocche. Io ci passavo l'asciugamano e loro se ne andavano come peli dopo la crema depilatoria.
Ho sopportato tutto, finora, senza grande sforzo, lo ammetto. Ho sempre trovato una soluzione e poi ho ereditato da papà una passione sfrenata per cappelli e berretti... ma anche un'esigenza: non toglietemi il sorriso.
Chi mi conosce dice che rido con gli occhi ed io ci credo.
La chemioterapia cancella anche ciglia e sopracciglia e io questo non lo potevo sopportare.
Ho conosciuto Rita ad un bellissimo convegno dal titolo “Cancro e bellezza”.
Mi è piaciuta subito.
Rita è bella, di una bellezza forte e fiera. Ti guarda dritta negli occhi, ti incanta con le sue ciglia lunghissime e le labbra carnose. Adoro il suo caschetto color cenere, il look dark and glamour, la voce calma... i suoi tatuaggi.
Rita è una dermopigmentista, Rita è una dermopigmentartista preciserei io.
Ha la grazia e la precisione di un pittore. Ma non di un pittore qualsiasi. Tra le sue mani, pennelli, colore, goniometro e squadra, calibro di precisione e pigmenti naturali. Rita è un Leonardo, Leonardo è il Rinascimento, Rita per le pazienti oncologiche è rinascita. Tatuare un'arcata sopraccigliare può essere un vezzo, ma chiudere cerchi è nuova vita.
Rita fa anche questo, come dice lei, chiude cerchi, mette la ciliegina sulla torta.
Quando tutto è finito, quando la chemio è passata, il chirurgo ha tagliato, la radio ha bruciato, la fisica ha espanso, la plastica ha ricostruito. Dopo che il male, quello fisico e dell'anima è terminato, Rita chiude il cerchio e lo fa con amore, con estremo, artistico, tridimensionale amore... realizzando un'opera unica, mai uguale che ti permette di guardarti ancora allo specchio senza vergogna.

Oggi ero lì con lei, mentre indossava i guanti, allestiva un campo sterile, mentre ripeteva gesti per me così consueti. Mentre mi tatuava si sincerava che stessi bene, che non sentissi male, poi si fermava, mi passava del ghiaccio, aspettava. Senza fretta.
Guardandomi allo specchio non ho visto una Claudia stravolta. Ero ancora io, più bella, più definita. Mi ha tatuato un sopracciglio ma in cuor mio, mi ha tatuato il sorriso.
Oggi ho conosciuto Rita e altre persone splendide, il mio mondo si sta aprendo ad una miriade di opportunità nuove che non avevo nemmeno mai considerato.
Tornando in macchina ho confessato a Laura una delle mie paure più grandi.
Io sarò qui fra dieci, vent'anni? Perchè la malattia è così, ti appiccica una data di scadenza dietro la schiena e per quanto tu ti sforzi, sai di averla attaccata dietro. Poi ho ripensato al fuoco che sta buttando fuori questo drago e ho smesso di chiedermelo.
Io questo cerchio lo voglio chiudere Rita.

E non vedo l'ora che arrivi quel giorno.

martedì 25 aprile 2017

Voglio


Voglio.
Una gonna lunga fino ai piedi, da portare con le All Star slacciate o meglio ancora scalza.
Voglio.
Un piumone nuovo, leggero e nuvoloso che non perda piume quando lo sbatto o quando mi rigiro nel letto.
Voglio.
Inaugurare la casa nuova di mio fratello.
Voglio.
Dormire in almeno dieci posti diversi entro la fine dell'anno, assaggiare il piatto tipico di ogni paese, guardare il tramonto da ogni nuova prospettiva.
Voglio una bicicletta col cestino in vimini con tanti fiori colorati come quello della Roby.
Voglio camminare con Pipita in riva al mare.
Voglio vedere nuotare Giacomo fra le onde senza braccioli e accarezzare i capelli pieni di sale e sabbia di Matilde, scoprendole la fronte.
Voglio vedere la mia mamma felice.
Voglio fare un viaggio con Antonio, cantando a squarciagola le canzoni dei Negrita, bevendo un calice di vino buono in qualche umida cantina sconosciuta.
Voglio sognare il mio papà almeno una volta a settimana. Uno di quei sogni in cui ti svegli e senti ancora l'abbraccio.
Voglio un fiore nel mio giardino per ogni giornata passata a preoccuparmi.
Voglio la ricetta di un dolce buonissimo, senza uova, senza latte, senza burro.
Voglio giocare al prossimo Sabion Volley.
Voglio fumare in un coffee shop e comprare una maglietta colorata a Camden Town.
Voglio un albero nuovo a Natale con la punta dritta e senza scotch.
Voglio un giorno senza fine per camminare fra gli ulivi di Motta, annusando il profumo della terra e della brace in lontananza.

Voglio passare fra la gente con la mia testa scalza senza sentire freddo, senza avvertire brividi, sguardi o pietà.
Accetto il compromesso, pago il prezzo da pagare.
Sono desideri piccoli, concreti... non chiedo grandi cose.
E' bastato un pranzo in compagnia, un camino, quattro chiacchiere e risate. Parlare tranquillamente e serenamente, perchè il drago è in me ma non ha preso possesso di me.
In fondo in fondo sono felice.

Amore mi oppongo
E a questo dolore rispondo
Cambia ancora, fai la guerra,
Riparti sdraiata da terra

La gente distratta non sa
Che l'amore ti ha tolto del tempo
Il tuo cuore disfatto lo sa
Che l'unica cura è il tempo

E poi tenta l'incompiuto, lo straordinario
Amore vivi in eccesso, cominciando adesso
Goditi il trionfo, crea il tuo miracolo
Cerca il vero amore, dietro ad ogni ostacolo...

E no non è la vita a toglierci le ali
Affidati alla cura dei ricordi e di chi ami”


P.S.: Grazie a Claudia per il post it :-)

domenica 23 aprile 2017

Diamoci un taglio



Camminiamo piano io e la mia principessa. Ho appena parlato con la maestra. In classe si fanno i dispetti, ma sono bambini.
Quella è una rompina.
Lui è un monello.
Matilde è una “suocera”.
Non la difendo quasi mai e questo la fa arrabbiare. Parto dal presupposto che non si mina l'autorità delle figure di riferimento. Insegno pallavolo da tanti anni ed esigo rispetto. Dal rispetto nasce l'affetto, la passione per quello che fai e la voglia di costruire coi bambini qualcosa di unico e speciale come unico e speciale è ciascuno di loro.
Ma abbiamo parlato anche di me. Ho già condiviso con le insegnanti il mio percorso terapeutico. Voglio che siano informate, voglio frasi univoche e messaggi rassicuranti nei confronti dei miei bambini. Due sono le parole da non usare. Per tutto il resto: mamma ha un problema, mamma fa una cura, ma la cura per quanto brutta servirà per farla star meglio.
Siamo sole io e lei...
Trascina il suo trolley e con le guance arrossate mi chiede cosa ha detto la maestra. Le ripeto con calma tutto. “Ricordati sempre di essere educata e gentile, non voler per forza rivendicare, non devi avere sempre l'ultima parola”. Finchè lo dico mi sembra di avvertire il timbro della voce di mio padre... mi diceva le stesse identiche cose.

La stringo più forte:
Sai che mamma sta facendo delle cure e che queste cure saranno lunghe e faticose.
Sai che a volte sarò stanca, molto stanca, a volte avrò nausea e magari non sarò attiva e pimpante come sempre”.
Lei mi guarda e asserisce, tranquilla.
C'è un altro problema... Queste cure fanno anche diventare i capelli brutti, così brutti che potrebbero cadere”.

Si blocca. I suoi occhi grigioverdeblu si riempiono di lacrime che piano piano cominciano a rigargli i viso.

Non piangere, metteremo dei foulard, potremo fare shopping e comprare insieme bandane e cappelli”.

Matilde continua a piangere, non mi guarda, mi chiede perchè, perchè... non sente più niente, la sua testolina si è bloccata su quell'immagine di mamma brutta e pelata e non vuole accettarlo.
Io mi sento impotente.

Poi ci provo e tiro fuori un:
Da grande non volevi fare la parrucchiera?”

All'improvviso si ferma, si asciuga lacrime e naso col dorso della mano.
Potresti tagliarli tu.”
Nel suo viso si apre finalmente un sorriso.
Ho ucciso il mostro paura, gli ho fatto lo sgambetto.
Sembra eccitata dall'idea, è partita per uno dei suoi voli pindarici.
Mamma, prima potrei farti un caschetto, poi li accorcio tutti, poi ti faccio la cresta e alla fine li rasiamo tutti... come papà, Figo!!! Lo facciamo subito?”

Dopo due ore di forbici e capelli sparsi per tutto il salotto Giacomo si avvicina, mi accarezza la testa, due, tre, quattro volte.
Sei bellissima mamma... sembri l'antico supremo!”
Matilde mi guarda schiva.
Non so se mi piacevi più prima o adesso, comunque ti dona il mio taglio!”
Antonio mi abbraccia e mi sussurra all'orecchio che sto benissimo e che se lo sapeva me li faceva rasare prima.
Poi mi ha detto tante altre cose... ma sottovoce... lontano da piccole orecchie curiose!



venerdì 21 aprile 2017

In oncologia sono solo Claudia


Quando entro nel reparto di oncologia dimentico di essere un'infermiera.
Poi l'occhio della strumentista maniacale mi cade inevitabilmente sul carrello della terapia, sugli aghi cannula colorati, sulle pompe infusionali che suonano ogni due minuti, sul laccio emostatico che comprime il braccio, sulla vena prescelta. Mi piace osservare i dettagli, la disposizione dei disinfettanti, il colore dei farmaci nei deflussori, le etichette ordinate appiccicate alle sacche d'infusione, le espressioni sul viso di chi come me ha scelto una professione così difficile e logorante ma anche così totalizzante e intensa.
L'oncologia è il reparto più bello che io abbia mai visto.

Mai e poi mai... e poi mai... l'avrei potuto pensare.

Proprio là dove la gente lotta contro i mostri più grandi trovi sempre un sorriso. Gli infermieri hanno fretta, hanno miliardi di cose da fare, campanelli che suonano, consulenze, visite ed esami da archiviare, vengono chiamati e interrotti ogni tre secondi, ma quando si avvicinano al tuo letto, alla tua poltrona il tempo si blocca. Non se ne vanno senza averti spiegato, chiarito ogni dubbio. Se c'è bisogno si fermano, si siedono accanto a te e ascoltano.

In anni di sala operatoria ho dimenticato come si fa ad ascoltare.

Sento i suoni, avverto i comandi, ma quante poche volte mi sono fermata ad ascoltare una storia, a capirne il vissuto e quando l'ho fatto ho avuto si e no al massimo dieci minuti a disposizione.
C'è un continuo via vai di visi pallidi e passi lenti, teste scalze e facce di luna. Mi mimetizzo o forse no. Non so. Io non esco senza trucco. Ho imparato a valorizzare tutto. Il tempo, le giornate, il mio viso, il mio corpo. Tutto ciò che di bello mi rimane...
Saluto Giulia in entrata, lei ricambia sempre. Attraverso quel corridoio di quadri colorati, mi stendo sul mio letto e lascio che le flebo asfaltino il mio corpo.
Assecondo. Dormo, mi risveglio, leggo, chatto, rido. Il tutto dura circa quattro ore.
Fuori dalla finestra brilla il sole, in lontananza le montagne. C'è tutta una vita là fuori ma ce n'è altrettanta qui dentro, intrappolata in corpi che non hanno scelto di essere qui.
Ci vediamo fra 21 giorni, all'inizio sarà così. Quattro infusioni ogni 21 giorni e poi dodici infusioni, una a settimana.
Sarà lunga, lunghissima.
Imparerò a memoria la trama del tessuto della sedia a fianco al mio letto, l'azzurro pastello del copriletto, il passo leggero dell'infermiera, la risata in lontananza del medico, gli occhi socchiusi, gli sguardi spaventati ma mai arresi dei miei compagni di sventura.
In oncologia non sono Claudia l'infermiera.

In oncologia sono solo Claudia e loro sono i miei nuovi chemioamici. 

Mitiche Over


"La mentalità vincente si ottiene solo vincendo, il problema è sapere cosa significa vincere" (J. Velasco)
Grazie Mitiche Over... Insieme, vinceremo ancora!!!!
#unbuonmotivoperesserefelice

giovedì 20 aprile 2017

Il viaggio


Ci siamo, siamo pronti. È come partire per un lungo viaggio. Ho preparato lo zaino, l'equipaggiamento, scorte varie e guide.
Ho accettato consigli, ho selezionato accuratamente le informazioni che volevo tenere per me. Ho espresso dubbi, paure, perplessità.
Il mio primo pensiero sono sempre loro: la mia famiglia.
Giacomo è un patatone di quattro anni, ti strafoga di baci e quando dorme ti vuole toccare. Appoggia la sua cosciotta su di te e si ancora con le braccia.
Matilde è una ribelle. Matilde conosce il dolore, il dolore fisico e lo teme più di ogni altra cosa al mondo. Il suo e il dolore degli altri. Matilde odia gli ospedali, i camici bianchi, trema davanti ad un ago e non si lascia toccare, mai, da nessuno.
Matilde urla, si arrabbia, punta i piedi e piange, spesso...
Quella sottile linea che le attraversa lo sterno ha lasciato più cicatrici nella sua testolina che nel suo corpo.
Antonio sopporta e mi supporta. Aveva otto anni quando tutti i suoi parenti lo vennero a trovare da Foggia e da Torino. Lui era felice e pensava fosse una festa. Ma non era una festa e io non voglio fargli rivivere questo dolore.

Nel tuo male la loro cura”.
Porto a casa una chicca ogni volta che parlo con qualcuno. La psicologa ha colpito laddove doveva.
Matilde imparerà che nella vita si cade, si soffre, ma ci sono i cerotti e ci sono le cure. Ci vuole amore e pazienza. Ma si guarisce.
Antonio avrà una seconda occasione. Anzi, avrà l'opportunità di accompagnarmi, prendermi per mano, rialzarmi quando cadrò. Potrà esserci, starmi vicino.
Metto nel mio bagaglio anche questo assieme a tante altre dritte.

Se in questo momento mi dicessero che per guarire dovrei bere sangue di pipistrello e ci fossero fonti scientificamente attendibili di questo, mi trasferirei in Transilvania.
Ho letto, ho letto tanto, mi sono documentata e poi mi sono fidata.
Ho deciso di rinunciare al mio amato latte, alla farina bianca, allo zucchero raffinato. Niente caffè, cioccolato, thè, niente lievito e alcool. Niente spritz, vinello a cena, amaro . Niente chupito, rum e pera, grappina...
All'inizio è stata dura, poi ti abitui.
Quando l'oncologo ha stabilito la mia cura ha fatto dei conti strani per calcolare la giusta quantità di farmaco da introdurre per cospargere la mia superficie corporea. Ho perso sette chili negli ultimi due mesi. La superficie corporea da asfaltare è sicuramente minore.
Ho cominciato a meditare. Ho convinto Antonio a partecipare a degli incontri. Un anno fa mi avrebbe guardata interdetto e mi avrebbe mandata a quel paese.
Ha accettato, ha partecipato.
Antonio medita due volte al giorno, con regolarità ed è più sereno.

Io ci provo, a volte ho delle tempeste tropicali in testa, a volte vedo i Pokemon, a volte raggiungo quel briciolo di serenità e per un attimo mi dimentico di essere Claudia, quella del drago e torno ad essere Claudia, quella gran gnocca modesta dotata di superautoironia!

mercoledì 19 aprile 2017

Il miracolo della vita

L'uomo è un animale sociale, noi donne siamo animali super sociali. Necessitiamo di chiacchiere, compagnia, futili acquisti, scorribande in autostrada per mangiare un Camogli all'autogrill, macchine spente, autoradio a palla e sigarette rollate sotto cieli stellati.
Laura è la mia amica bambina. Dimostra 20 anni da quando ne ha 21. Con lei è semplice e immediato, con lei è così dalla prima elementare. Ci cerchiamo, ci allontaniamo, ma ci ritroviamo sempre.
Con Laura ho imparato a saltare l'elastico, ho scambiato montagne di bigliettini segreti, ho allagato i bagni della scuola, ho fumato le prime cicche senza aspirare.
Abbiamo mangiato vasi di Nutella immergendo le dita fino al polso, ci siamo strafogate di Frizzy pazzy, abbiamo rubato gomme da cancellare all'A&O.
Mi sono sorbita ore di Take That, Beverly Hills 90210 e decine di puntate di Buffy in lingua originale (non ci capivo quasi mai niente!).
Con Laura sono andata a Londra, con 500 mila lire in tasca, dormendo sul pavimento di un miniappartamento londinese, mangiando pane in cassetta e burro d'arachidi.
Poi sono diventata grande, forse non per scelta... Forse perchè non sono mai stata brava a fare i conti, forse perchè mi sono ritrovata mamma senza accorgermene.
Lei è rimasta lì, mi ha aspettato, ha accettato il cambiamento rimanendo nei suoi jeans a zampa, nelle sue magliette con le stampe, nelle borse a tracolla, nel suo peregrinare fra concerti, Londra, Amsterdam e taverne affollate di birra, calore e nebbia.
Lei c'è sempre stata.
Laura è la mia testimone.
Io sono la sua testimone.
Nel suo pancino cresce il miracolo della vita e io quel suo miracolo lo aspetto da tanti anni.
Laura non sapeva nulla, non potevo dirle che io stavo male.
Ho aspettato la morfologica.
Ho suonato alla sua porta, le ho messo le mani sulla pancia, ho suonato il campanellino del chiama angeli che le ho regalato. Ho sussurrato piano a quel miracolo che andrà tutto bene... Abbiamo guardato insieme circonferenze, lunghezze del femore, peso stimato.
Poi ci siamo sedute sul divano, ho stretto le sue mani e le ho giurato che a Luglio sarò con lei quando quel miracolo verrà alla luce.
Io sono la sua madrina e voglio vederla crescere. Voglio vedere i primi sorrisi e i primi passi, la voglio col grembiulino il primo giorno di scuola e le regalerò i biglietti per il suo primo concerto, al quale sicuramente andremo anche io e la sua mamma... In prima fila, schiacciate sulle transenne... come sempre!
Lei ha pianto. Le ho asciugato le lacrime.
Tu ci sei sempre stata, tu sei sempre stata quella forte!” mi ha detto.

Io ci sono, ci sono ancora e ci sarò... E se mai avrò bisogno di qualcosa mi basterà guardare quel miracolo per ricordarmi quanto è bella la vita.

martedì 18 aprile 2017

Guardarsi dentro

Fra me e la relativa serenità c'è ancora solo un piccolo ostacolo e si chiama Tac Total Body. La Tac permette una stadiazione locoregionale e una localizzazione a distanza.
Ho mal di schiena, da sempre, ho passato tre quarti della mia vita in piedi, anche tre quarti delle notti degli ultimi anni, vista l'aquila insonne che ho partorito.
Da qualche mese mi fanno male anche le spalle e la zona infrascapolare.
Un mese fa avrei preso un Brufen, un Toradol se non passava.
Oggi ho una strizza terribile.
Allora, partiamo dal presupposto che sono sfigata.
Ho un tumore e questo per fortuna non è da tutti, ma capita.
Ok, poteva essere di vari tipi, ma io fra tutti i tumori al seno mi becco quello con il 15% di probabilità.
Con questi presupposti il mio mal di schiena diventa subito una spada di Damocle che si abbatte su ossa e polmoni.
Non vengo oppressa dalla paura. Certo che combattere contro un drago è dura, ma combattere contro tanti draghi è da supereroi e io non credo di possedere forze misteriose, scudi spaziali, o ragnatele che mi si sparano dai polsi.
Mi stendo dentro quella macchina infernale.
Il tecnico mi dice di trattenere il fiato al suo comando.
Credo di avere fatto il record di apnea.
Quando esco intravedo il mio primario della ginecologia. È già passato due, tre volte, mi conferma l'infermiera facendomi l'occhiolino. Mi rivesto.
Aspetto.
E poi fanculo vado dritta dal radiologo e glielo chiedo.
Possiamo guardarla insieme?”
Certo”

Cervello ok... e qui mi vengono un paio di dubbi.
Ossa ok.
Polmoni ok.
Addome e pelvi ok.

Credo di aver provato cos'è la lievitazione in quell'istante.
Ci sono solo piccole ombre nel fegato ma indaghiamo subito.
Facciamo un'eco epatica nella stanza affianco, giusto per serenità. Non vede nulla di strano.
Io nel mio fegato riconosco notti di birra e spritz, serate a base di costate e Ripasso di Valpolicella, un Amarone da meditazione e fiumi di Franciacorta anche se ho sempre avuto un debole per lo Champagne, le bollicine piccoline.
Ma per fortuna all'eco hanno ben pensato di sparire.

Quando esco incrocio il primario di ginecologia, che sembra passare lì per caso. Nel viso gli intravedo un sorriso, come quando Higuain segna al novantunesimo, come quando Buffon para un rigore o come quando è venerdì, fuori c'è il sole, la seduta termina presto e il campo da golf è tutto per lui.
 

lunedì 17 aprile 2017

Sabato mattina ci troviamo davanti ad un caffè. Agitate come due bambine prima della gita di prima elementare. Abbiamo concordato carattere, calligrafia, abbiamo deciso il posto... Lontano da vene da pungere, non nel braccio da massacrare ma sufficientemente visibile in modo da poterlo vedere e imprimerlo nella mente, non solo nella pelle.

Ci aprono lo studio solo per noi, come due vips. I poteri della Samu.

“Non c'è niente
che sia per sempre
perciò se è da un po'
che stai così male
il tuo diploma in fallimento
è una laurea per reagire
Puoi finger bene
ma so che hai fame”

Nell'aria risuonano gli Afterhours, è un segno del destino.
Prendiamo le misure.
Mi sdraio sul lettino e mi lascio andare al sadico piacere del lasciarmi imprimere sulla pelle ciò che la mia mente ha elaborato negli ultimi anni ma che ha cercato di cancellare solo per pochi giorni.
Sono stati giorni difficili ma adesso ne parliamo serenamente. Pianifichiamo, concordiamo, organizziamo il prossimo futuro. Con calma, senza fretta. Dovrò trovare il coraggio e le parole giuste per spiegare quello che sta succedendo ai bambini, dovrò spiegare a una ragazzina bellissima e vanitosa che la mamma perderà i capelli, ho intenzione di farmi aiutare “olisticamente” perchè non siamo solo una malattia, un pezzo anatomico e ho tutta l'intenzione di farla funzionare al meglio questa macchina!
La Samu lo sa, gliel'ho ripetuto allo sfinimento quando mi diceva: non ce la faccio, sono stanca, sto male, mollo tutto!!! C'è solo un segreto per affrontare la vita a testa alta, c'è solo un modo per non farsi abbattere, per non lasciarsi vivere ma vivere:

Be Positive!

Da oggi non lo potremo mai più dimenticare... e se ci saranno attimi di sconforto basterà accarezzarsi una guancia per ritrovarlo tatuato sul braccio, nel cuore e nella mente.
Io nel mio e nel suo,
lei nel suo e nel mio.

Non mi ha regalato solo un tatuaggio, mi ha fatto una promessa che non possiamo tradire! 

sabato 15 aprile 2017

Comincio a stilare una lista delle cose da fare. Appunto nella mia agenda visite, orari, nomi. Scrivo tutto con maniacale dedizione, non mi faccio sfuggire niente.
Lunedì alle 15 ho una tac total body, alle 14.30 mi devo presentare a digiuno in oncologia. Martedì devo fare la spesa per la gita di Giacomo, devo comprare prosciutto, pane morbido senza crosta, succhi di frutta alla pesca, acqua naturale in formato 250 e i Ringo. Mercoledì c'è l'ecocardio, giovedì alle 8.15 la visita oncologica. Venerdì devo preparare l'avviso per il corso nuoto della scuola, cominciare a raccogliere i nomi dei bimbi e accordarmi con la piscina. Domenica c'è la festa del minivolley, quindi dobbiamo trovare arbitri, segnapunti, cercare uno sponsor che ci dia dei gadget, va allestita la palestra e vanno fatti i cartelloni.
Sappi che sabato mattina hai un impegno”
Beh ecco... sabato mattina effettivamente mi mancava qualcosa!
La mia amica Samu mi si piazza davanti col suo sorriso disarmante.
Prima però serve l'ok dell'oncologo”.

Il mio oncologo lo conosco il giorno dopo.
Mi siedo composta. Mi guarda e mi studia.
Abbasso gli occhi con quel tipico timore reverenziale. Solo mio padre sapeva farmi abbassare gli occhi. Mi sta subito simpatico.
Parliamo di lui, parliamo del drago. Mi dice tutto quello che non è, tutto quello a cui non risponde. Mi dice che è cattivo perchè io sono giovane e forte ma mi dice che non siamo disarmati. Sarà lunga, faticosa, mi cospargerà di Napalm.
Avrò nausea, sarò stanca, stanchissima, mi cadranno i capelli, mi faranno male le ossa, le unghie, la pelle potrebbe imbruttirsi, mi verranno i brufoli, le guance rosse, mi sparirà il ciclo, mi verranno le vampate.
Snocciola effetti collaterali, non mente, non nasconde niente.
Non accenna nemmeno all'intervento, quello resta un miraggio lontano. Prima dobbiamo prenderlo, fermarlo, ridurlo.
Hai mai letto: Se questo è un uomo?”
Ho un ricordo opaco ma presente...
Sai cosa salvò Levi dal campo di sterminio?”
Il Gattermann.
Il Gatterman gli salvò la vita in due modi, facendogli apprendere in anticipo la lingua di Auschwitz e assicurandogli poi, in Auschwitz, un lavoro non letale come tecnico di laboratorio.

Ci vuole la testa Claudia.

Ci vogliono obiettivi chiari, pensieri positivi, ferma convinzione.
Lui mi dice che posso andare dove voglio, posso sentire chi desidero, l'importante è che io comunque gli dica da chi... Vuole avere la certezza che chiunque altro si possa prendere cura di me, ne sia all'altezza. Guardo il mio dottore dritto negli occhi. Ho già accettato tutto.

Mi serve solo un consenso però...
E lì torno piccola come davanti a papà.
Devo fare un tatuaggio!”
Lui borbotta, grugnisce... Proprio come il mio papà.
Ok lo prendo per un sì.


giovedì 13 aprile 2017

Fammi un regalo

Allora... adesso fermati un attimo e ascoltami bene. Internet, Facebook, i blog possono essere una fogna di spazzatura. Ma io sono Fucsiawonderbra e non ti dico una bugia.
Sei mia amica, una mia conoscente o magari non ci siamo mai incrociate... ma credimi: ti voglio bene.
Allora... spogliati, mettiti davanti allo specchio, in un ambiente ben illuminato, metti le mani sui fianchi e spingi forte contraendo i muscoli del petto.
In questo modo osserverai con attenzione il seno e ti accorgerai delle sue lievi imperfezioni naturali. Nella maggior parte di voi, di noi, le mammelle non sono perfettamente uguali e si possono notare eventuali asimmetrie. Poi, con le braccia lungo i fianchi, controlla se c’è qualche mutamento nel contorno dei seni, per esempio un gonfiore o una retrazione cutanea o un mutamento nell’aspetto dei capezzoli.
Ripeti la stessa osservazione con le braccia alzate, zona ascellare compresa, e poi anche di profilo per controllare la linea dei seni. In questa posizione, infatti, si evidenziano meglio la presenza di eventuali irregolarità oppure di vere e proprie sporgenze.
Adesso piega il braccio destro dietro la nuca e palpa delicatamente il seno destro con la mano sinistra, alla ricerca di eventuali noduli, masse anomale, indurimenti o ispessimenti. L’operazione va quindi ripetuta sul seno sinistro, avendo cura di piegare dietro la testa il braccio sinistro.
Sdraiati con un cuscino sotto la spalla destra, e con la mano destra sotto la nuca: i seni si appiattiranno e il tessuto si distribuirà meglio sul petto. Premi dolcemente con le dita il seno destro, eseguendo movimenti circolari per rilevare eventuali noduli. Per sentire meglio, la mano dev’essere piatta con le dita tese e unite e, per non dimenticare nessun punto, puoi procedere in senso orario, facendo il giro completo della mammella. Anche l’area tra seno e ascella va controllata accuratamente. Ripeti con il seno sinistro, questa volta spostando il cuscino sotto la spalla sinistra.
Stringi delicatamente il capezzolo tra le dita per vedere se fuoriesce un po’ di siero o di sangue. In tal caso, controlla il colore su un fazzoletto e segnalalo al ginecologo o meglio ancora ad un senologo.
I segnali da non sottovalutare sono: - perdite di siero o di sangue dal capezzolo (possono essere di diverso colore: lattescenti,
oppure bruno-verdastre o, ancora, sierose, di color giallo chiaro);
- retrazioni (piccoli avallamenti) o cambiamenti d’aspetto della pelle;
- differenze nella forma della ghiandola mammaria;
- presenza di piccoli noduli.
Prendi nota e segnala qualsiasi cosa non ti convinca!
Quest'esame lo puoi eseguire da sola a partire dai vent’anni di età, una volta al mese, una settimana dopo la fine del ciclo; se sei in gravidanza o in menopausa il momento in cui eseguirlo è indifferente, si fissa una data precisa e si rispetta la scadenza per non correre il rischio di dimenticarsene. Il primo mese è meglio ripetere l’autopalpazione più di una volta, per conoscere bene il proprio seno per poi poter percepire se vi sono cambiamenti.
Mi raccomando, non ne fare una malattia, sono sicura che non troverai nulla di brutto... Ma se qualcosa non dovesse convincerti, non aspettare... Parlane subito con chi di dovere!
Sono un'infermiera quindi tutte le informazioni che trovi qui sono tratte da “Evidencebasednursing”.
So benissimo che questo blog e relativa pagina Facebook vengono lette da numerosi medici. Sarei felicissima se anche loro volessero commentare o "metterci del loro" in termini di suggerimenti...
Ecco, hai condiviso un miliardo di stronzate in questi anni, oggi fammi un regalo.
Non cliccare mi piace ma “condividi”
Io ci metto la faccia... tu mettici le mani e sarà per me #unbuonmotivoperesserefelice
Ti voglio bene
Fucsiawonderbra

mercoledì 12 aprile 2017

La mia seconda vita



Claudia... ha chiamato il primario. Ha chiesto se puoi andare nel suo studio!”.
Mi si gela il sangue.
Allora...         è un tumore!”
Lo chiama col suo nome... Lo dimentico subito. Tengo solo quello che mi serve. Dice tante altre cose che non ho la forza di ascoltare.
Hai solo 36 anni, ma quanto piccola eri quando hai cominciato a lavorare con me?”
Ho solo 36 anni.
Quando torno in sala ci sono tutte. C'è Samuela, c'è Francesca, c'è Romedia. Ormai lo sanno. Samuela ha capito tutto nel momento in cui il primario mi ha chiamata.
Ci abbracciamo e piangiamo e finalmente tutto quel dolore si fa in mille pezzetti e ognuna di loro se ne prende un po'. Da domani sarà più facile venire al lavoro.
Samuela mi prende per mano come si fa coi bambini e mi porta da Pierino.
Lui mi spiega tutto. Con calma e gentilezza, con quel modo di fare che solamente chi lavora con le donne può avere. Dovrò fare una tac, una risonanza, gli esami del sangue. Dovrò parlare con l'oncologo... farà tutto lui, gestirà la cosa il Centro Donna, io non mi devo preoccupare di nulla. Entro in una spirale ma ci entro corazzata. È più facile combattere quando sai contro chi devi combattere. Spaventa di più l'ignoto.
Cerco una mano e stavolta ne trovo due, non sono sola.
Faccio un bel respiro, mi alzo.
Andrà tutto bene”
Si Samu, andrà tutto bene. Andrà tutto bene.
Vado a prendere i bambini. Da mia mamma ci sono mio fratello, mia zia e la nonna bis.
Mi appoggio al lavello della cucina, mi accovaccio a terra con la testa fra le mani. Non serve dire altro.
Mia nonna deve andare in bagno, non fa la cacca da due giorni, le serve un fazzoletto, si lamenta dei bambini. Riempie il silenzio.

Prendo Giacomo e Matilde, carico in macchina cartella, grembiule, la verdura cotta e vado a dire ad Antonio che la vita comincia oggi, perchè come dice Confucio “Si hanno due vite. La seconda comincia il giorno in cui ci si rende conto che non se ne ha che una!”

martedì 11 aprile 2017

Mi fido e mi affido

E' lunedì mattina.
Ci sono ancora tante tessere del puzzle da mettere al loro posto, ma devo cominciare. Per prima cosa, non posso strumentare. Ho un centinaio di goccette di Xanax in circolo da sabato ad oggi. Le mani mi tremano e i sensi sono ovattati. Confesso al mio caposala che non sono esaurita, che non fumo le canne, che non ho problemi di alcolismo ma che sto facendo accertamenti e sono psicolabile. Gli chiedo un po' di tempo e in tutta coscienza mi sospendo dalle attività di sala e mi presto a tutto. Posso fare le pulizie, riordinare registri, posso anche chiudere i sacchi della spazzatura se serve... ma tenetemi qui, vi prego!
Lui non fa una piega, ha già capito e mi asseconda.
Per prima cosa devo parlare con Pierino. Ecco, in questo sono fortunata. Sono una delle strumentiste più stronze che conosco, non ne taccio una e sono il terrore dei novellini con la mia maniacale sterilità, la mia proverbiale passione per l'acciaio chirurgico brillante. Mi piace la chirurgia, mi piace fare, sapere, conoscere e toccare con mano. Ho un'innata curiosità e mi piace passare il ferro giusto prima che mi venga chiesto. Mi piace vederci dentro, nel senso letterale del termine. Mi piacciono le suture pulite, l'anatomia chiara. Dopo quindici anni mi meraviglio ancora di fronte al megainterventazzo in laparoscopia con quattro microscopiche incisioni, all'arteria rivascolarizzata, al calcolo polverizzato.
Sono stronza... Ma mi vogliono bene.
Pierino è un amorevole rompiballe dal cuore d'oro... Non mi ha mai negato un favore e non mi ha mai negato una chiamata notturna in reperibilità, mannaggia a lui.
Questa volta è per me , questa volta l'eco è la mia, la biopsia è la mia, l'istologico che aspettiamo è il mio. Lui annota tutto su un post it appiccicato alla sua agendina e sottolinea il mio nome. Mi prende in carico e si fa carico della mia paura. Nei suoi occhi, oltre gli occhiali leggo già il piano, perchè lui un piano c'è l'ha già.
C'è una commissione, è un lavoro d'equipe. C'è il chirurgo, il radiologo, l'oncologo... Lascio fare a lui.
Ci abbracciamo forte, come si abbracciano due fratelli, come si abbracciano un padre e una figlia.
Di sta roba non ci muoio vero?”
Promettimelo, giuramelo...
Ho messo la mia vita, le mie conoscenze, la mia storia nelle loro mani. Ho chiuso Google e la miniera della paura.
Mi fido e mi affido!



domenica 9 aprile 2017

con le ali ferme senza vento bestemmiando al firmamento.

Mentre i sogni si dissolvono
e gli inverni si accavallano
quanti spilli sulla pelle
dentro il petto sulle spalle,
Ma vedo il sole dei tuoi occhi neri
oltre il nero opaco dei miei pensieri

e vivo fino a sentir male
con la gola secca sotto il sole.
Corri amore, corri amore.”


Guardo lui fisso negli occhi. Per un istante che sembra eterno e poi abbasso lo sguardo e affondo nel suo petto. Mi lascio andare, stanca, stremata, oppressa. Gli racconto finalmente tutto, quasi tutto. Quello che gli basta.
Non fasciarti la testa prima del tempo, magari non è niente... aspettiamo la biopsia”
Mentre lo dice mi stringe cosi forte.
Siamo sposati da dieci anni, fra alti e bassi ci sopportiamo da quindici. Come dice la canzone dei Negrita: siamo due molecole che sbattono come mosche in un barattolo, siamo opposti che si attraggono! Ma camminiamo ancora insieme sopra il male e sopra il bene.
Lui conosce ogni angolo della mia pelle, i miei sbalzi d'umore, le mie manie, le mie passioni. Sa essere presente lasciandomi un raggio d'azione. Convive con i miei ritmi folli, senza orologio, pacato e tranquillo. Gli ultimi anni li abbiamo passati così: ad osservare le nostre rispettive vite, senza slanci particolari. Quanto tempo perso, quanti baci non dati, quanti ti amo non detti.
Cerchiamo di farci scivolare addosso i minuti, le ore, ma io non mi smuovo dal mio chiodo fisso. Non riesco a guardare negli occhi i bambini, ho paura di tradirli, ho paura di lasciarli. Non riesco a guardare negli occhi Lui senza piangere.
Ormai non mangio e non dormo più di un'ora di fila da circa sei, sette giorni. Sento di star impazzendo. È come se la vita mi stesse scivolando dalle mani, è come se avessi rotto la clessidra e stessi cercando di raccogliere la sabbia fra i vetri.
Adesso basta però. Adesso basta. 
Guardali in faccia: ti vuoi arrendere?
Vuoi morire prima di essere morta?
Muovi quel culo, asciuga quelle lacrime. Rimboccati le maniche e alzati.
Alzati, adesso!
 Ho tanta di quella strada da fare, c'è un mondo da vivere fuori e sono viva, sono qui, sono ancora qui!
Mando un messaggio alla doc, lei mi richiama subito. Alla fine della telefonata indosso la giacca, esco di casa e torno dopo una ventina di minuti con la mia boccetta di Xanax.
Affogo l'ansia e la paura nelle mie prime 15 gocce. Dopo due ore sono seduta a tavola e finalmente mangio un piatto di pasta. Accenno un sorriso, coccolo i miei bambini. Oggi pomeriggio usciamo, io, il mio amore, Capitan America e la mia principessa.  
Siamo di nuovo fuori, fra facce amiche. Il centro è una tela variopinta di allegria e colori. La famiglia dinosauri ci accoglie, come sempre tra l'altro, con la loro spensieratezza e candore... Avevo bisogno di questo, nulla di più. Amore, amici veri, colore, coriandoli e un vassoio gigante di frittelle perchè la verità dei fatti è questa: 

Ho poco certezze. Amo alla follia l'uomo che ho sposato, amo alla follia i miei figli, amo alla follia questa vita. Non posso mollare... Anzi, ho deciso che IoNonMolloMai!

venerdì 7 aprile 2017

La mia amica Samu

L'indomani mi presento puntuale al mio appuntamento. La dottoressa, i suoi occhioni azzurri e il suo dolce sorriso mi aspettano.
Rifaccio la mammografia, mi ristrizzano per l'ennesima volta. Oggi fa più male di ieri, c'è maggiore consapevolezza.
Mi ristendo sullo stesso lettino. Stesso copione di ieri, ma a differenza di ieri la dottoressa mi punge e ripunge, più volte. Stringo i denti.
Fatto, adesso aspettiamo l'istologico”.

Esco dall'ambulatorio, devo andare dal dentista, devo comprare il latte e un po' di verdura, devo stendere una lavatrice.
La mattinata finisce davanti ad un caffè d'orzo: io e la mia mamma.
Qualsiasi cosa sia ce la facciamo!”, ma stavolta piangiamo, finalmente, insieme.

Arrivo al lavoro. Sono di pomeriggio.
Vengo subito catapultata nella dimensione quotidiana: mancano uno stent e un'appendice. I lotti sono preparati, l'armadio urgenze è da controllare, la centrale di sterilizzazione... la, i, nel...
Mi gira la testa, mi sento soffocare.
Comincio a iperventilare e più respiro, più sto male.

Samu, ti devo parlare.

Ci chiudiamo in una sala vuota.
Lei mi guarda e non capisce.
Devo dirti una cosa.

Sei incinta?”

Magari. Preferirei essere incinta, anche di tre, quattro gemelli... Io che dormo ancora mezza notte con un piede infossato nel fianco e una manina fra i capelli. Io che mi sveglio con la bavetta sul cuscino e una testa di riccioli biondi che mi alita nell'orecchio. Io che se sento un neonato piangere mi si accappona la pelle, che ho buttato ciucci e biberon e ho smerciato lettini, passeggini e sdraiette.
Quanto vorrei essere incinta!

No, ho trovato un nodulo al seno”
Lei si siede, mi guarda. Si porta la mani alle tempie e razionalizza.
“Hai fatto un'eco?”
Già fatta”
La mammografia?”
Già fatta Samu, già fatta... Ho fatto anche l'ago aspirato, la biopsia... Adesso aspettiamo l'esito”

Che cazzo aspettavi a dirmelo?”

E lì mi sciolgo. Lì comincio a vedere una piccola lucina in quel tunnel nero. Perchè lei capisce, lei sa di cosa stiamo parlando. Lei è in sala con me tutti i giorni. Mi aveva vista strana.
Non ti abbattere, non mollare, non c'è nulla di definitivo, magari è un fibroadenoma...”
Ci voglio credere anche se non ci credo. Ma ci voglio credere perchè lei è la mia amica Samu, perchè a lei ho ripetuto fino allo sfinimento che nella vita bisogna essere positivi, che tutto passa, che siamo forti e uniche e che insieme scaliamo anche le pareti dritte. Ci voglio credere perchè la mia amica Samu è troppo bella per pensare ad una cosa brutta. Perchè la mia amica Samu ha una soluzione per tutti tranne che per se. Perchè la mia amica Samu mi ha insegnato ad usare la farina di farro, l'avena, lo sciroppo d'agave, il tofu e il cremortartaro. La mia amica Samu è quella del nettalingua e dell'acqua bollita. Come faccio a non crederle?
Mi prende per mano e usciamo dalla sala.
Intorno a noi troppi occhi, troppe orecchie. È come se mi guardassero dentro, è come se l'angoscia venisse riflessa nella mia pelle.
Tremo, respiro veloce, ho freddo, caldo e poi di nuovo freddo. Mi gira la testa e più respiro più mi gira la testa.
Samu... Fai qualcosa!
E lì scatta il complotto.
Mi chiude in una stanza.
Torna dopo pochi minuti.
Basta chiedere ad un nurse di anestesia per stare meglio...
Mi fa bere direttamente dalla siringa 5cc di pozione magica.
Il resto non lo ricordo più.
So solo che stavo meglio.
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