giovedì 31 agosto 2017

Sedici passi




Un passo alla volta, uno dopo l'altro, stando bene attenta a dove metti i piedi.
Un passo alla volta, accettando la cura, come una pozione magica che guarisce, accettando lo stravolgimento, spiegando ai tuoi figli che è solo una parentesi momentanea, che i capelli ricresceranno, che la mamma smetterà di essere stanca, triste, arrabbiata o nervosa.
Un passo alla volta, anche quando fa male, anche quando riflessa nello specchio non riconosci più la tua immagine ma un elemento incerto, camuffato, volutamente bizzarro ed estroso.
Un passo alla volta, passando dal letto alle carezze leggere, ai baci richiesti, alle attenzioni mai negate.
Uno, due, tre passi. Per trovarsi in silenzio in una camera che non è la tua, in un letto coperto da un lenzuolo ruvido che odora di disinfettante industriale, con la tua musica che irrompe nei timpani per non sentire le pompe che suonano ogni cinque secondi, gli aghi che bucano la carne e il liquido freddo che ti scorre nelle vene e subito dopo il sonno, il freddo, il brivido, il gusto amaro e metallico.
Quattro, cinque, sei passi con tua madre che ti accompagna e parla e tu che ascolti e non ascolti ma sei felice che lei sia lì. Con tuo marito che ti saluta e tu non vorresti lasciarlo andare. Con una vita intera che scorre veloce... fuori... via... lontana da te. Tu sei lì, ferma mentre tutto il resto continua.
Sette, otto, nove passi per scoprire quanto è grande il cuore della gente. Per scoprire che dal basso si può solo risalire. Il valore di un sorriso, una parola, una mano che si appoggia. Tanti angeli in divisa, attenti al mutamento, al dolore, alla rabbia, alla tristezza, alla felicità ostentata che nasconde paura.
Dieci, undici, dodici passi e la nuova vita che avanza. Mani che si stringono, cuori che si legano, vite che si intrecciano. Anime belle accomunate da un unico desiderio: vivere, vivere ancora, vivere bene.
Tredici, quattordici, quindici passi all'inizio trepidanti, ardenti, carichi di grinta e vitalità, poi un po' più lenti, stanchi, affannati ma mai domi e tutt'intorno un immenso desiderio di non perdere nulla, di lasciare come Pollicino una traccia lungo tutto il percorso, per non dimenticare mai. Perchè anche questa è vita e ti segna, ti cambia, ti matura. Ti apre gli occhi e all'improvviso tutto ti sembra diverso, nulla è più come prima e quello in cui credevi ora non ha più senso e lasci che scorra e tieni solo il buono.
Tieni il profumo del collo dell'uomo che ami finchè dorme, i disegni incomprensibili, i portafortuna, i libri letti e riletti, sottolineati e macchiati di caffè, succo e sudore. Tieni i messaggi, le lettere e i regali. Tieni i visi di chi ami incollati alle palpebre per paura di perderli anche solo chiudendo gli occhi.
Sedici... sedici... sedici lunghissimi passi per arrivare fino a qui.
Di quello che ero ne è rimasta l'essenza, l'estratto.
Sedici passi non per cantar vittoria ma per gridare: sono arrivata fino a qui e ci sono arrivata fiera con le mie gambe, col mio sorriso che non ho mai spento. Volutamente. Mai forzatamente.
Cervello, cuore e disciplina. Grinta, coraggio e un briciolo di follia per fare anche quello che non credevi di riuscire a fare, per dimostrare a te stessa che sei più forte di lui.
Non ho vinto, non ho perso.
Continuo a camminare e la montagna è ancora lunga da scalare.

Ma domani avrò fatto sedici lunghissimi passi... uno dopo l'altro e sono stata bravissima.  


lunedì 28 agosto 2017

Buoni propositi



Amo la cioccolata, le patatine fritte, la pizza e il gelato. Mi ritengo una saggia degustatrice di vino e adoro la birra ghiacciata. Il Veneto per me è polenta e baccalà, bigoli con l'anitra e spiedi. Non torno dalla Puglia senza pomodori, mozzarelle, caciocavallo e taralli. A Torino il fritto misto, a Milano il risotto allo zafferano e l'ossobuco, lo strudel in Alto Adige, i cannoli che portava Davide dalla Sicilia. La Chianina in Toscana, la parmigiana di zia Maria, la zuppa di verze e salsicce della mia mamma.
La mia impastatrice era soprannominata la mia bambina e tutte le domeniche si sfornava pizza e torta.
Sabato ho fatto un tiramisù, ma quella è un'altra storia.
Nessun oncologo mi ha mai detto cosa dovevo e cosa non dovevo mangiare.
Poi in realtà non conosco chemioamica che non abbia fatto scelte più o meno drastiche, eliminando o provando almeno a diminuire zuccheri, farine raffinate, latte e latticini, carne rossa e alcolici.
Io ho fatto la bravissimissima per tre mesi, la brava per due... poi sono arrivate le vacanze, le uscite con gli amici e il cortisone ergo la fame, la famefame.
Oggi è lunedì 28 agosto e come per molti di voi è la giornata dei buoni propositi.
Da oggi si mangia sano.
Si fa movimento.
Basta eccessi.
In realtà mi ritrovo con un frigo stracolmo di frutta e verdura, la mia bambina elettronica è stata rimpiazzata da un estrattore e stasera sto vagliando una lista di integratori assolutamente naturali per reintegrare carenze varie, regalo di una terapia diserbante.
In questi mesi ho imparato a fare la spesa, perchè bio è buono ma mannaggia se è caro. Mi sono fatta una cultura sui gruppi di acquisto solidale, compro solo quello che serve e solo quando serve. Giro per negozietti e orti e cerco di far accettare la pasta marroncina anche alle mie piccole pesti e questa è un'impresa non da poco.
Poi c'è il fattore movimento. Ho fatto una passeggiata a passo Pipita (5 chili di pelo bianco da salotto) e sono tornata stremata come dopo un allenamento di due ore.
Poi ci sarebbe bisogno di un massaggio, di un passaggio dall'estetista, di qualche ora di yoga fatto bene.
Poi c'è che... bisogna comprare i quaderni, le penne e i pennarelli nuovi. Giacomo senza dubbio non entrerà nel grembiulino dell'anno scorso e oggi è pure stata scalata la bolletta dell'Enel. Fra quindici giorni inizieranno calcio, pallavolo, nuoto, la mensa a scuola e i compleanni...

Io ho un lavoro, mi bacio le mani. Ogni mese percepisco il mio stipendio e nel dubbio comincio a controllare qualche giorno prima nella speranza di un accredito anticipato.
La pensione di invalidità per un invalido al 100% con un reddito da fame è di circa 270 euro e io ovviamente non ne ho diritto.
Una fetta gigante di pazienti oncologici, soprattutto donne oltre a dover affrontare le chemio, gli interventi, le innumerevoli terapie rimangono senza lavoro... vagli a parlare di bio, di massaggi olistici, pedicure o di eleuterococco e ginseng in tavolette.

Sopravvivere è possibile, stare bene è oro prezioso.
Io voglio una possibilità anche per chi l'oro non ce l'ha fra le mani.
Nel mio piccolo sto coltivando un sogno che la generosità di molti ha alimentato in questa lunga estate e che a breve sarà finalmente effettivo.


Domani intanto rinuncio alla carbonara, mi faccio un estratto di mela zenzero carota e finocchio, comprerò della papaya fermentata e dell'echinacea e porterò Pipita a camminare per 35/40 minuti a passo ciabattina, il passo giusto per permettere al cervello Fucsia di pianificare qualche nuova idea. 

venerdì 25 agosto 2017

Geco



Fatto undicesimo taxolo, ovvero l'undicesima di dodici infusioni settimanali. Prima di queste avevo fatto “le rosse”, un cocktail di farmaci che davano alla flebo un simpatico colore simil Spritz Campari.
Arrivata a questo punto sento un po' il peso della chimica nel mio corpo, ma anche lo slancio vitale che mi fa gridare: “E che cazz sono arrivata fino a qui, ho fatto 30, facciamo 31”.
Mi pesa il passo lento, il fiato corto, l'insonnia notturna e la spossatezza giornaliera. Mi pesano i formicolii, la poca sensibilità ai piedi, l'irritabilità mista alla frenesia di voler far comunque sempre tutto.
La settimana scorsa, come ogni settimana ho fatto le mie iniezioni di immunostimolanti, perchè la chemio ovviamente azzera tutto, buono e cattivo. Il giorno successivo ero sul divano. 30 gradi e una coperta, sudavo freddo e non riuscivo a collocare il punto doloroso del mio corpo. L'effetto era quello: ruota della tortura.
Poi è passato.
Con un paio di tachipirina 1000, un paio di litri di acqua, una camminata lenta, un progetto nuovo in testa, una nuova fuga a quattro, qualche oretta di shopping, una bella chiacchierata al bar, tante coccole.

Come fai ad essere sempre così positiva?
Io non sono positiva, sono una pessimista in terapia.
Conosco esattamente ogni dettaglio dell'istologico della mia biopsia, so che la strada sarà lunghissima e che questo è solo il primo step. Ma se mi concentro solo su quello ricado nella spirale dei cattivi pensieri, nei commenti tristi, nella trappola Google, nelle statistiche sopravvivenza a dieci anni e bibubaba.

Ho una sola possibilità di scelta vivere o lasciarmi vivere. Prendo la prima e filtro ottimismo e pessimismo con il mio colino tascabile.
E poi arriva lui.
Devo ancora scegliere se chiamarlo Geco o Gattoboy. Resta il fatto che lui è il mio superpigiamino.
Geco (ho deciso), deve ancora compiere due anni, è dolce come il miele e ha due occhietti furbi e birichini. Ha delle armi infallibili: lancia sguardi d'amore e baci che ti stendono. La sua mamma non lo lascia un secondo. È bellissima e forte come un leone. Geco ad aprile è entrato in sala operatoria con la sua maglietta “let's win the game”... fa chemio ad alte dosi e trapianti autologhi di cellule staminali ma soprattutto balla “Voglio ballare con te” di Baby K come un ballerino provetto.

Io la negatività la schifo proprio.
Sperare, sognare, sperare, sognare e continuare a camminare. Credendoci fermamente, perchè lo so, non è giusto, non c'è proprio un bel niente di giusto, ma se ci strappiamo da soli le ali non potremo volare mai più.
Geco ieri nei miei sogni ha indossato il suo mantello,la sua maschera e con i superpoteri ha sconfitto il drago stringendo nella sua manina la tartaruga fluo di Matilde.
Io ho fatto la mia undicesima chemio con le cuffie alle orecchie, e stavolta ho scelto le hit dell'estate perchè volevo continuare a ballare con lui stringendo fra le mani il quadrifoglio che la sua mamma aveva trovato in giardino per me.

Andrà tutto bene Geco
Andrà tutto bene Claudia

e adesso Despacito a palla che è tempo di ballare!

mercoledì 23 agosto 2017

Ho bisogno di molta poca realtà


Abbiamo dormito nell'ennesimo letto diverso e la camera profumava di bucato.
La nostra casetta era una reggia dorata e a pochi passi i cigni e le anatre si rincorrevano frettolose rubacchiandosi le ultime briciole di pane.
Abbiamo sorseggiato l'aperitivo salutando con la mano l'eliscafo, mentre George e Amal consumavano annoiati di sguardi e curiosità la loro cena all'Harry's.
Abbiamo zompettato di riva in riva carichi di borsette di cose inutili. Ci siamo riempiti le tasche di slimer, adesivi, gessetti colorati per disegnare sul cemento, pizze fredde e Ovomaltina.
Abbiamo guardato una nuova alba e un nuovo tramonto e ci siamo baciati, coccolati, picchiati, strapazzati, torturati di baci, carezze, pizzichi e mordicchi.
Abbiamo preso il martello che è un'imbarcazione più veloce, magica e imponente di qualsiasi altro battello, ma ricordate bene che sul martello ci potete salire solo con Giacomo.
Abbiamo varcato il confine svizzero e salutato i doganieri per comprare chili di cioccolato con la promessa di farlo durare fino a Natale, ma a Natale ci saranno i cioccolatini di Natale e allora che senso ha farlo durare fino a Natale?
Abbiamo camminato in riva al lago compatti e fieri nelle nostre maglie tutte uguali, più il capo squadra nella sua maglia della Juventus che porta tredici medaglie: di sugo, di olio, di terra, di fanta, cioccolato, unto e sudore, ma soprattutto di ogni lacrima versata al monito: togliti quella maglia!
Abbiamo scattato una foto per ogni espressione e abbiamo sorriso ad ogni passante.
Abbiamo lasciato scorrere i minuti senza guardare le lancette.
E non faceva male.
Non sentivo ginocchia bloccate ne dolore alcuno.
Non avevo nausea.
Non contavo globuli bianchi.
Non elencavo appuntamenti.
Non pensavo a domani.
E stasera esco con George, perchè tutti sono stanchi e russano nei lori lettini.
E la mia vita è questa... Prendere o lasciare.
Ho bisogno di molta poca realtà”.
Filtrate il vero e il falso.
Io vado a scegliere il mio vestito da sera, pensavo ad un verde smeraldo... come questo lago. Il mio dottor Ross apprezzerà.


giovedì 17 agosto 2017

Credo nella Pace perchè ho visto la guerra



Alle 17.05 sto dormendo il mio terzo sonno profondo. La mattinata in day hospital mi lascia addosso una stanchezza infinita, gambe tremolanti, gusto alterato e un cerchio alla testa che decido di non combattere ma di assecondare. Non sogno, non credo, non ricordo.
Al mio risveglio scopro che i signori della guerra hanno colpito ancora.
Io di politica internazionale ci capisco gran poco, leggo molto, mi informo ma i corpi stesi sulla Rambla di Barcellona, mi colpiscono al cuore come quelli stesi in una strada di Mosul, i bimbi siriani stringono fra le mani lo stesso Teddy Bear di Matilde, in Libia a Baghdad, a Instanbul e Giacarta i miei coetanei ascoltavano musica, si divertivano e innamoravano come i ragazzi nel Bataclan di Parigi. I signori della guerra per me hanno tutti la stessa faccia e non chiedo il vostro consenso nel dirlo e affermarlo.
Mio padre e mia madre mi hanno insegnato il rispetto. Mi hanno detto fin da piccola che chi sbaglia chiede scusa, che non si ferisce, non si giudica. Mi hanno dato amore e grazia. Mi hanno portato in chiesa per pregare Dio e quando durante la messa mio padre non era a fianco a me perchè nel campetto dietro la chiesa c'era una partita di calcio, mi diceva che Dio era anche là.
In classe con Giacomo e Matilde ci sono mille splendidi visi, alcuni un po' più colorati, altri meno. Ci sono capelli ricci e crespi, treccine colorate e puntini rossi in mezzo alla fronte. Ci sono occhi cerulei, zazzere bionde e rossicce. Ma tutti sanno cantare insieme e giocano a mamma casetta e col Didò. Tutti costruiscono fiori con la carta e hanno cucinato il pane e raccolto ciliege.
Nelle mie meditazioni, fra i Pokemon e i superpigiamini ho visualizzato centinaia di divinità diverse ma nessuna e ripeto nessuna mi ha mai chiesto di fare del male... anzi credo fermamente nel detto “La Bontà è disarmante!”

Io credo nella pace perchè ho visto la guerra.
Questa frase l'ho letta circa 20 anni fa all'Arsenale della Pace di Torino.
L'ho letta, l'ho impressa nel cuore e l'ho lasciata lì.

Io non so che rumore fa una bomba.
Io una casa per dormire ce l'ho e nel piatto stasera c'era una cenetta coi fiocchi. Ho fatto una doccia calda e guardato un film su Sky. Io non sono mai fuggita dalla guerra, non ho mai visto il mio paese crollare e non ho mai pianto davanti alla distruzione.

Ma conosco paure diverse.
Conosco perfettamente il colore del sangue e se mi concentro ne sento ancora l'odore.
Conosco la disperazione negli occhi di chi chiude gli occhi e non sa se riuscirà a riaprirli e conosco ancora meglio quelli di una moglie o di un papà.
Conosco il gusto amaro della disperazione.
So cosa significa essere condannati e ogni giorno viaggio con il mitra puntato dietro la schiena.
Siamo in guerra tutti i giorni.
Salvina stasera scriveva: “Ma che vita è? A ogni dolore che sembra diverso... Panico, paura...” e a decine l'abbiamo sorretta e consolata. Siamo funambole dice Cristina.
Elisa sta malissimo e soffre, ma ha coronato il suo sogno d'amore.
Katia e i suoi splendidi occhi blu ci ha fatte stare in pena con la sua prima chemio, poi è risorta come una fenice.
Manu è stata operata 6 giorni fa e stringe Matteo con tutto l'amore che può.
Ross ha nuove recidive... vaffanculo!
E poi c'è Nicolò che balla dall'oncologia pediatrica di Padova.
E la stella di Alessandra che ogni notte brilla alta nel cielo.

Allora che senso ha lottare, crederci, sperare... se poi i signori della guerra uccidono i nostri sogni?

IO credo nella pace perchè ho visto la guerra.
Perchè vedo la guerra tutti i giorni.
E non siamo soldati, non siamo combattenti, non sono una guerriera, sono tutto tranne che un'eroina.
Ho una paura folle e spesso dico che non fa male anche se fa male.
Vivo col sorriso e col timore che un asterisco compaia, che il drago si faccia spazio, che la tac o la risonanza vedano novità.
È come vivere con l'ansia che una bomba esploda, che un radar ti capti o che la tua casa venga invasa.

Quindi sì, CREDO NELLA PACE PERCHE' HO VISTO LA GUERRA.

E voglio la pace.
E voglio viaggiare.
E voglio smettere di avere paura.
E voglio che Salvina, Cristina, Katia, Elisa, Nicolò, Lorenzo, Luigi, Erika, Cri, Manu, Rosangela, Nico, Orietta, Milly, Teresa, Lorena, Marta, Giorgia, Anto, Roberta, Antonella, Patrizia, Valentina, Ross, Simona, Ele, Sonia, Marilena, Francesca, Lina, Ilaria, Carla, Anna, Zeudy, Raffaella, Donatella, Flavia, Paola, Pina, Alessia e la mia mamma stiano bene.
E voglio che stia bene anche tutto l'esercito che ho dimenticato...


E voglio la pace.
E voglio smettere di avere paura.

Giorni di vento senza tempo



È andata cosí... Il palco è montato e tira un vento che ti rovescia e spiega perché questa sia la terra dei gira gira. Le ragazze e qualche anima santa si dannano per allestire la piazza con fiocchi e nastri che si ribellano alla furia della natura. I ragazzi scorrazzano sulle jeep per portare il necessario e fare la spesa. Le previsioni sono impietose . Dopo giorni di caldo africano con 40 gradi si intravedono le nuvole in lontananza e chi a Motta ci è nato e cresciuto dice che se arrivano da là... Verrà a piovere. Nel pomeriggio La Band continua a provare, io resto in casa incollata alla finestra a guardare i tetti della case e i comingnoli che quasi si rovesciano dal vento. Poi la pioggia impietosa che non cade a terra ma crea vortici d'acqua fra le stradine strette e in salita di case di sassi e pietra.
Poi finisce, si riapre il cielo ed esce l'arcobaleno. È sempre una bella metafora questa per me...
Vorrei fosse la mia storia.
Stasera si fa, nonostante tutto si fa. Nonostante i 15 gradi i ragazzi si spiegano per portare le panche, i tavoli, le sedie, la spina della birra, 4 metri di rotaia su cui cuocere gli spiedini, il braciere, gli strumenti.
Fa freddo, un freddo che non puoi capire, che si infila dai pantaloni in quel lembo di pelle fra il calzino e l'orlo, ma loro ci sono tutti. Arrivano anche Tommy e la Serena per l'evento... E li ricopriamo di giacche e felpe perché se arrivi dal mare non puoi capire.
Emozione unica sentire Tex leggere le mie parole... Che mi fanno di nuovo male e mi fanno di nuovo bene.
Emozione unica vedere le lacrime agli occhi di Antonio mentre stringe Giacomino sotto la sua coperta, stremato dalla stanchezza nel suo giubbottino.
Emozione unica ascoltare le NOSTRE canzoni.
Non è un concerto per tutti, mi scuseranno i presenti. Non me ne voglia nessuno, ma queste sono le "nostre" canzoni. Canzoni di "giorni di vento, senza tempo" nei quali una coppia "cammina nel sole... E brucia le suole".
La vita non si è fermata un attimo amici miei e lo dico col cuore in mano guardando le splendide rose Fucsia e bianche che mi avete regalato. La vita non ha mai smesso di scorrere veloce nei miei polsi e anche se a volte ho una paura folle, anche se guardando il campanile di Motta a Pasqua ho temuto di non poterlo rivedere ad Agosto... Eccomi qui. Ho avuto anche lo sconto terapia per potervi raggiungere e non ha prezzo. Vorrei dire al mio oncologo che i formicolii ci sono ancora ma ho ripreso un po' di sensibilità alle dita. Vorrei dire alla mia psicologa che seminare salute anche qui è la mia chiave di svolta, ma soprattutto vorrei ribadire ancora una volta che neanche un cancro mi può fermare... In questa piazza gelata c'è troppa gente a cui voglio bene e che non posso tradire.
Ci sono amici, Amici!
Per la cronaca abbiamo raccolto tanti tantissimi Raggi di Sole con le nostre magliette StRavolte perché Motta è
terra, vento, pietra, cieli azzurri e cuore grande!
Amici della Prateria...
Brindo a voi e a questa vita... Pace, amore e gioia infinita!
Con estrema riconoscenza

martedì 8 agosto 2017

L'isola felice



Trova la tua isola felice.
Corso di preparazione al parto, cinque anni fa.
Sdraiata sul mio materassino, attorniata da tante pancine, occhi chiusi.
Adriana ci chiede di visualizzare la nostra isola felice. Un luogo in cui trovare pace, essere al sicuro. Un luogo in cui poterci rilassare e recuperare fiato e forza, ci chiede di fissarlo nella mente per poterlo rapidamente recuperare durante il travaglio.
Io non ci riesco. Chiudo gli occhi e li riapro dopo circa dieci secondi. Sbircio le altre, la loro concentrazione, i loro visi rilassati e i mezzi sorrisi. È frustrante.
Va avanti così, fino a quando un giorno Adriana mi ferma a fine lezione e mi chiede quale sia il problema. Naturalmente lo aveva notato.
Il problema è uno solo: appena chiudo gli occhi vedo papà.
Non passano più di tre secondi che il suo bel faccione sorridente mi si piazza davanti e io sto male. Ci soffro tantissimo. Mi guarda dritta e io mi perdo fra le rughe profonde del suo viso e gli enormi occhi neri.
È questa la tua isola felice, risponde lei. Non puoi farla andare via, parti con lei.
Papà ci ha lasciati da pochi mesi, riempire il suo silenzio è una missione quotidiana. Riempire il vuoto della sua immagine in salotto, nell'orto, nel campo da calcio. Riempire la testa di altro per non pensare a quanto dolorosa sia la sua assenza.
E lui che fa? Si prende la mia isola felice.

La lezione successiva ci provo e parto con lui.
Chiudo gli occhi e lui è lì. Con la sua polo bianca ingiallita, il colletto rivoltato dall'usura.
Piango, un po', lui mi prende per mano e come per incanto finalmente mi alzo.
Dalla mia posizione non potevo vedere la meraviglia intorno a me. Camminiamo piano in riva al mare e la mia mano nella sua mano è piccola. Io sono piccola e lui è il mio orso buono. Nella spiaggia non c'è nessuno, il mare si infrange piano sulla sabbia e sugli scogli della caletta vicino. In lontananza un trabucco. Non perdo nemmeno una delle impronte che lui lascia sul bagnasciuga ma le recupero subito. I miei passi sui suoi passi.
E sono felice.
Papà mi ha portato nelle mie spiagge preferite.
E sono felice.

Recupero ancora la mia isola felice, quando ho bisogno di pace.
Negli anni ha assunto connotati diversi, si è arricchita di sfumature e colori nuovi.
Ha il sapore di talco di Giacomino, ha il calore di un abbraccio di Antonio o l'allegria di una corsa in bicicletta con Matilde.
Ci sono curve nella mia mente che mi portano in spazi dove posso trovare pace.
E poi ci sono cieli blu. Terre arse. E gira gira.
Oggi è uno di quei giorni in cui non serve chiudere gli occhi per trovare l'isola felice.
Oggi è uno di quei giorni in cui il silenzio la fa da padrona.
Sono usciti tutti e dall'alto della mia torretta, osservo questa terra.
Vengo qui da quindici anni.
All'inizio la detestavo. Non sopportavo quel clima di eterna attesa. Non trovavo ci fosse nulla di interessante. Io, così abituata a correre, scoprire. Io e i rumori, i neon, le vetrine illuminate, i bar affollati, le sirene in lontananza.
Col tempo ho imparato ad apprezzare le piccole cose. Il sole che brucia così tanto che sembra ardere la pelle, il vento che soffia. Le mille tonalità di azzurro, un azzurro che non vedi da nessun'altra parte. I bambini che giocano nelle strade, il profumo della salsa in cottura, le donne che chiacchierano sulle sedie ai bordi della strada. Gli amici di sempre. Quelli che trovi e ritrovi e ritrovi e non si dimenticano mai di te. Quelli che lasci ad agosto e ritrovi uguali l'anno successivo.
Ora vivrei in questa eterna attesa.
Lascerei sospesa qui la mia avventura. Lontana da tutto, lontana dagli aghi, dal gusto metallico, dall'odore di disinfettante.
Vivrei qui in eterna attesa.
Matilde oggi ha detto a Giacomo che le “gira gira” si chiamano “pale eoliche”.
No amore mio... continua a chiamarle gira gira e continuate a chiedermi di andare a raccogliere le more, di portarvi alla sedia del diavolo o in prateria per cantare le canzoni dei Negrita con la chitarra e aspettare che sia il fuoco delle braci a rischiarare i vostri visi abbronzati dal sole del sud.

Se chiudo gli occhi oggi, questa è la mia isola felice e lui mi sta a guardare, seduto in disparte ma sempre presente.
In silenzio. Sospesa. Senza tempo.



venerdì 4 agosto 2017

Il mio cavalier gentile



So che leggerai e capirai.
Sei fra le prime persone che ho conosciuto fra quelle poltrone blu.
Ho sempre pensato fossi speciale.
Tu così riservato,
io così chiassosa.
Tu così educato, pacato e gentile
io e la mia curiosità, le mille domande e i sorrisi e le risate fra un palo delle flebo e l'altro.
Mi hai fatto sognare e viaggiare rimanendo su un letto.
Tu e le nostre pelate, il baschetto trendy e i miei turbanti.
Tu e la tua unica, meravigliosa, fantastica famiglia che non ti lascia mai un secondo. Specchio di un amore profondo, perchè come al solito “l'amore che dai è amore che ricevi”.
A fianco a te con le flebo attaccate siamo andati a Dubai, in Africa, in Giappone, ho mangiato sushi e assaggiato le tue mille prelibatezze.
A fianco a te in quei due letti riservati per noi... e oggi quanto abbiamo riso perchè volevi il letto matrimoniale e avevi il materasso fucsia.
Un cavalier gentile d'altri tempi...
Oggi sono salita in macchina e ironia della sorte dall'autoradio ne è uscita Elisa:

Ti vorrei sollevare
Ti vorrei consolare
Ti vorrei sollevare
Ti vorrei ritrovare
vorrei viaggiare su ali di carta con te
sapere inventare
sentire il vento che soffia
e non nasconderci se ci fa spostare
quando persi sotto tante stelle
ci chiediamo cosa siamo venuti a fare
cos'è l'amore
stringiamoci più forte ancora
teniamoci vicino al cuore”

Io voglio crederci mio cavalier gentile... Io voglio continuare a crederci e aspetto quella cena di sushi e metterò il mio vestito migliore!

Ti voglio bene e la tua orchidea è bella come te...