Disegnerò
nelle vostre manine un cuoricino, una bimba e la sua mamma e un bimbo
e la sua mamma. Li disegnerò con l'indelebile nero quello che voi
non potete usare perchè trapassa sempre il foglio e mi colorate le
tovaglie e poi non va via neanche con litri di Vanish o lavaggi a 90
gradi.
Disegnerò
il cuore nella manina sinistra, la mano del cuore e noi due nella
mano destra così che mi possiate vedere con voi tutte le volte che
fate qualcosa.
Rimarrà
impresso il tempo necessario, tanto le mani non le lavate così
spesso, e così avrete la scusa giusta per farlo ancora meno. Quando
il colore sarà totalmente sbiadito sarà tutto finito.
Matilde
e Giacomo sono incredibilmente agitati. Fanno mille domande, vogliono
essere rassicurati. Io sono tranquilla. Ho assecondato la mia indole
e ho sistemato tutto.
So
esattamente quale sala verrà utilizzata, quali container, gli
strumenti, protesi e presidi. Conosco l'anestesia, i farmaci e tutto
il personale che avrà accesso al blocco operatorio. Non dovrei,
forse, ma io che in quelle sale ci ho trascorso gli ultimi 15 anni,
non ho potuto fare altrimenti.
A
casa ho lavato i bagni, le lenzuola, Pipita. Ho comprato
un'asciugatrice e prenotato le pulizie settimanali. È tutto in
ordine, al suo posto, la valigia è chiusa.
Matilde
si scioglie in mille lacrime e finalmente mi abbraccia.
“Ho
tanta paura”.
Anch'io,
le dico, è normale avere paura.
“Quando
tornerai a casa, sarà tutto finito?”.
Non
lo so, avremo fatto un altro grande passo, ma non lo so. Ma di una
cosa sono certa, ne abbiamo passate tante, passerà anche questa.
“E'
che quando le cose succedono a me, fa meno male. Quando state male tu
o papà, soffro di più!”.
Una
bimba di nove anni, mi squarcia il cuore.
Durante
la notte Giacomo si sveglia ogni dieci minuti, al decimo colpo di
tosse, vomita tutta la cena nel letto, sulle lenzuola pulite, poi
vomita in salotto, sul divano e su Pipita.
In
due ore la casa è più sporca e più puzzolente di prima.
Alle
6.20 arriva mia mamma, io mi sono già fatta la doccia, sono vestita
e pronta. Antonio è agitatissimo e gira in modo inconcludente per la
casa. Salutiamo i bambini e saliamo in macchina.
Arriviamo
in ospedale alle 7.05, in puntuale ritardo.
Sbrighiamo
la burocrazia e mi portano in stanza.
Appena
apro la porta mi trovo davanti le mie amiche, le mie colleghe di
sempre, i miei punti fermi in sala operatoria. Un ciclamino fucsia
sul comodino, un nastrino e l'adesivo BePositive sul letto e una
maglietta appesa, una maglietta uguale a quella che indossano anche
le mie colleghe, una maglietta che hanno indossato più di 1000
persone quest'estate.
Ce
la farò anche st(R)avolta.
Adesso
ne sono davvero certa.
Ce
la farò anche st(R)avolta.
Pierino
mi disegna su tutto il torace, traccia linee e tratteggi. Sorride e
io sono di nuovo tranquilla. Della sala resta un ricordo ovattato, il
sorriso di Antonio, la mano di Antonella, le scialitiche e le
colonne. Poco altro...
Al
mio risveglio non c'è dolore.
Qualche
brivido, gli occhi dell'uomo che amo, tanti tubicini, un senso forte
di costrizione al petto e una consapevolezza.
Lui
non c'è più.
Lui
l'abbiamo ammazzato, avvelenato, imbrigliato, inciso, scavato ed
estirpato.
Con
lui se ne è andata una parte di me e merita di soffocare
definitivamente nella macchina del sottovuoto della sala operatoria.
Quel
che resta è vita nuova, che nasce fra i cocci e le cicatrici, fra i
drenaggi, i lividi e il dolore mascherato dagli antidolorifici e la
morfina.
Ma
è vita nuova.
Il
drago non c'è più e io devo essere presentabile ai miei bambini
prima che il sapone cancelli l'indelebile sulle loro splendide
manine.