martedì 25 luglio 2017

La mia mumy


La mia mamma si chiama Patrizia ed è un vortice di energia.
Credo di aver ereditato occhi, naso, carnagione e stazza da papà, un elegante mix di pregi e difetti da entrambi. Ma non ho assolutamente i lineamenti appuntiti, le gambe lunghe e magre, la matematica precisione e la propensione amministrativa di mamma. Riesce a gestire con incredibile naturalezza una casa gigante, quattro nipoti, una nonna birichina e assurdamente gelosa e capricciosa, due figli persi nelle loro complicate vite quotidiane, una società sportiva con centinaia di atleti, un paio di corsi di ballo all'anno, il teatro, il cinema e le amiche, un cane in affido temporaneo, le piccole manutenzioni quotidiane, la mia biancheria da stirare, i fiori in giardino, le feste della pallavolo, i camp estivi. Cucina in media per otto, dieci persone al giorno e distribuisce una quantità smisurata di tupperware, scatoline del mascarpone o della ricotta o pirofile di lasagne, melanzane, pomodori ripieni, zucchine trifolate o arrosti vari. Se trova la tua casa incustodita non si trattiene dal ribaltarla, cambiando lenzuola, riassettando bagni e traslocando ragnetti che ormai avevano la residenza nelle tue stanze. La mia mamma sa fare l'orlo a un pantalone, sa vangare l'orto, sa smontare una tubatura e compilare un 730. Sa addormentare un neonato, sfamare un bimbo inappetente e rimproverare chi svaligia le dispense.
La mia mamma era una donna manager. Viaggiava con borsetta e valigetta, più le sporte della spesa. Nel suo armadio c'erano solo tailleur, camice e una montagna di foulard. Sul comodino un filo di perle, i soliti anelli e qualche bracciale che toglieva solo per fare le pulizie, rigorosamente senza guanti.
La mia mamma lavorava tantissime ore al giorno e quando tornava lavorava altrettanto.
Però ricordo i balli in cucina con papà, le canzoni di Gianni Morandi finchè stirava la biancheria, le commedie italiane alla tv tra il lavoro arretrato, le pentole che bollivano e i nostri zaini pronti in corridoio.
La mia mamma è una donna bellissima, ancora innamorata dell'unico uomo della sua vita.
Papà se ne andato cinque anni fa.
Nessun rimpianto dice lei.
Abbiamo goduto appieno ogni giorno, ogni ora, ogni momento. Abbiamo viaggiato, ballato, vissuto e amato ogni attimo che ci è stato concesso... Dice lei...
Fanculo, dico io!
E secondo me... ogni tanto lo dice anche lei.
La mia mamma si è ammalata quasi due anni fa. Qualcuno non se n'è nemmeno accorto. Si è caricata il suo drago in spalla, l'ha portato a spasso per un po'. Ha affrontato tutto con la fierezza di un leone. Non è mai caduta anche se le era concesso. Ha accettato il cambiamento e adesso vive in quel limbo in cui stanno tutti quelli che hanno conosciuto la battaglia e ne escono vincitori ma segnati e in allerta.

Mi stavo lavando le mani dopo aver fatto pipì, nel bagno della mia stanza del day hospital di oncologia. Mamma era tornata a prendermi. La porta chiusa. Ascoltavo il rumore dell'acqua che lasciavo scorrere passivamente sui miei polsi.
Ti ho sentita mamma.
Ti ho sentita per la prima volta lamentarti.
L'hai fatto finchè ero in bagno e credevi non potessi sentirti.
Hai detto a un tuo coetaneo che stava facendo la chemio in stanza con me che non è giusto.
Che a 36 anni con due bimbi piccoli non è giusto. Che voi la vostra vita l'avete vissuta...
Poi ti sarai sicuramente asciugata le lacrime, avrai rindossato il tuo sorriso e io sono uscita dal bagno.

Ho trovato la casa pulita e ordinata e la cesta della biancheria sporca era magicamente vuota.

No, non è giusto mamma, non è assolutamente giusto.


E comunque ti voglio bene... un bene immenso che non riempirà mai il mio grazie quotidiano.  

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