La mia mamma si chiama Patrizia ed è
un vortice di energia.
Credo di aver ereditato occhi, naso,
carnagione e stazza da papà, un elegante mix di pregi e difetti da
entrambi. Ma non ho assolutamente i lineamenti appuntiti, le gambe
lunghe e magre, la matematica precisione e la propensione
amministrativa di mamma. Riesce a gestire con incredibile naturalezza
una casa gigante, quattro nipoti, una nonna birichina e assurdamente
gelosa e capricciosa, due figli persi nelle loro complicate vite
quotidiane, una società sportiva con centinaia di atleti, un paio di
corsi di ballo all'anno, il teatro, il cinema e le amiche, un cane in
affido temporaneo, le piccole manutenzioni quotidiane, la mia
biancheria da stirare, i fiori in giardino, le feste della pallavolo,
i camp estivi. Cucina in media per otto, dieci persone al giorno e
distribuisce una quantità smisurata di tupperware, scatoline del
mascarpone o della ricotta o pirofile di lasagne, melanzane, pomodori
ripieni, zucchine trifolate o arrosti vari. Se trova la tua casa
incustodita non si trattiene dal ribaltarla, cambiando lenzuola,
riassettando bagni e traslocando ragnetti che ormai avevano la
residenza nelle tue stanze. La mia mamma sa fare l'orlo a un
pantalone, sa vangare l'orto, sa smontare una tubatura e compilare un
730. Sa addormentare un neonato, sfamare un bimbo inappetente e
rimproverare chi svaligia le dispense.
La mia mamma era una donna
manager. Viaggiava con borsetta e valigetta, più le sporte della
spesa. Nel suo armadio c'erano solo tailleur, camice e una montagna
di foulard. Sul comodino un filo di perle, i soliti anelli e qualche
bracciale che toglieva solo per fare le pulizie, rigorosamente senza
guanti.
La mia mamma lavorava
tantissime ore al giorno e quando tornava lavorava altrettanto.
Però ricordo i balli in
cucina con papà, le canzoni di Gianni Morandi finchè stirava la
biancheria, le commedie italiane alla tv tra il lavoro arretrato, le
pentole che bollivano e i nostri zaini pronti in corridoio.
La mia mamma è una donna
bellissima, ancora innamorata dell'unico uomo della sua vita.
Papà se ne andato cinque
anni fa.
Nessun rimpianto dice lei.
Abbiamo goduto appieno ogni
giorno, ogni ora, ogni momento. Abbiamo viaggiato, ballato, vissuto e
amato ogni attimo che ci è stato concesso... Dice lei...
Fanculo, dico io!
E secondo me... ogni tanto
lo dice anche lei.
La mia mamma si è ammalata
quasi due anni fa. Qualcuno non se n'è nemmeno accorto. Si è
caricata il suo drago in spalla, l'ha portato a spasso per un po'. Ha
affrontato tutto con la fierezza di un leone. Non è mai caduta anche
se le era concesso. Ha accettato il cambiamento e adesso vive in quel
limbo in cui stanno tutti quelli che hanno conosciuto la battaglia e
ne escono vincitori ma segnati e in allerta.
Mi stavo lavando le mani
dopo aver fatto pipì, nel bagno della mia stanza del day hospital di
oncologia. Mamma era tornata a prendermi. La porta chiusa. Ascoltavo
il rumore dell'acqua che lasciavo scorrere passivamente sui miei
polsi.
Ti ho sentita mamma.
Ti ho sentita per la prima
volta lamentarti.
L'hai fatto finchè ero in
bagno e credevi non potessi sentirti.
Hai detto a un tuo coetaneo
che stava facendo la chemio in stanza con me che non è giusto.
Che a 36 anni con due bimbi
piccoli non è giusto. Che voi la vostra vita l'avete vissuta...
Poi ti sarai sicuramente
asciugata le lacrime, avrai rindossato il tuo sorriso e io sono
uscita dal bagno.
Ho trovato la casa pulita e
ordinata e la cesta della biancheria sporca era magicamente vuota.
No, non è giusto mamma, non
è assolutamente giusto.
E comunque ti voglio bene...
un bene immenso che non riempirà mai il mio grazie quotidiano.
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